Ita-Lufthansa, il colpo di coda delle Lowcost prima delle europee, con la battaglia per Linate
Interessi politici ed aziendali internazionali stanno complicando il percorso della tanto attesa fusione della nostra ex compagnia di bandiera con il partner tedesco
La strada verso la prima acquisizione di Ita Airways da parte del gruppo Lufthansa proprio non va giù a Bruxelles. La situazione a oggi è questa: Lufthansa ha messo sul piatto 325 milioni di euro per acquisire inizialmente il 41% del vettore dallo Stato, ma la Commissione europea nel gennaio scorso ha aperto un'indagine dell'antitrust giustificandola con i timori che l'operazione possa limitare la concorrenza tra le compagnie nell'Unione. A calendario la questione dovrebbe chiudersi nei primi giorni di giugno, ma c'è da chiedersi se poi ci sarà ancora la stessa Commissione che i dubbi li ha sollevati e che evidentemente tifa low-cost. Dietro, infatti, c'è la richiesta dei vettori a basso costo (si fa per dire, ormai non esistono più come li abbiamo conosciuti negli anni Novanta fino alla pandemia), che pretendono che il gruppo che si formerà rinunci a un terzo degli slot in alcuni aeroporti, con quello di Milano Linate in prima fila. Una condizione che, qualora accolta, le vedrebbe rinunciare al parere dell'antitrust e nel caso anche a un successivo ricorso alla Corte di giustizia. Due sono le compagnie che strillano: Ryanair che vuole espandersi a Fiumicino e Malpensa, arrivare a Linate e vendere biglietti a costo maggiore al mercato business; Easyjet che vorrebbe operare da Linate da sempre. Il motivo è che qui tedeschi e italiani sommati occupano oltre il 60% degli spazi temporali necessari per atterrare, scaricare i passeggeri, imbarcarne di nuovi e ridecollare. Dietro c'è anche l'ungherese Wizz, che ha in Milano un mercato strategico e proprio a Roma vuole aprire un nuovo centro di addestramento, ma c'è anche la privatizzazione della portoghese Tap che preoccupa Ryannair, c'è il gruppo Iag (British Airways, Vueling, Aer Lingus) che vorrebbe Air Europa e l'investimento annunciato dal gruppo Air France-Klm per entrare nella Sas. C'è però un punto che l'Antitrust non può ignorare, ovvero la posizione dominante di Ryanair nel nord Italia, con tanto di base di addestramento e manutenzione a Bergamo e slot disseminati per tutto il sistema aeroportuale lombardo.
Insomma, il piccolo aeroporto Forlanini, da sempre – e ingiustamente - accusato di killeraggio verso Malpensa, ma preferito da oltre la metà dei lombardi (chi abita dal sud Milano a Mantova non è certo comodo ad andare fino nel Varesotto, e sono sei-sette milioni di persone su undici), oltre a registrare numeri record in quanto a traffico executive (i voli d'affari, privati), è il bersaglio che Michael O'Leary e soci hanno in mente da tempo per creare una zona di mercato inscalfibile dalla quale alimentare rotte per tutto il continente oggi, e in futuro chissà. Anche perché sanno perfettamente che il milanese non ha tempo da perdere e preferisce spendere qualcosa in più pur di arrivare al terminal o a casa senza farsi 70 km spendendo 13 euro di treno per un servizio definito “sola prima classe” non si capisce in virtù di che cosa. E poi adesso c'è la linea blu della metro che cambia tutto, due euro e venti e in 15 minuti ci si ritrova in centro. Alla Pozzetto si direbbe “Taac”.
Non a caso anche la Commissione elenca all'Antitrust la posizione strategica del Forlanini e dei suoi slot per portare passeggeri verso gli aeroporti dai quali poi proseguono per Asia e Nord America.
Ma a Linate un limitato programma di cessione degli slot esiste anche perché il loro numero non può più aumentare, inoltre non si capisce perché le lowcost dovrebbero essere preoccupate per l'alimentazione delle compagnie americane quando da Malpensa ci sono sei vettori che operano verso gli Usa (e Canada) anche se non sempre i lombardi le scelgono e preferiscono fare scalo in Francia o in Germania. Perché l'aviazione commerciale è da sempre quanto di più globalizzato esista; inoltre le ormai sette libertà dell'aria – che sono regole dell'Icao, cioè del massimo organo aeronautico mondiale – sanciscono una libera concorrenza senza porre paletti continentali. Semmai a non dover mollare completamente Ita Airways a Lufthansa neppure tra dieci anni dovrebbe essere lo Stato italiano, magari ridiscutendo l'accordo, poiché entrando nel gruppo noi italiani saremmo parte di un colosso (seppur elefante in Europa ma topolino nel mondo), che controlla già vettori svizzeri, belgi, tedeschi, austriaci e olandesi come Swiss ed Edelweiss, Eurowings, Lufthansa, Brussels e Air Dolomiti, oltre a essere partecipante nelle società di gestione di scali tedeschi e greci (non dimentichiamo la svendita alla Troika). E anche questo non sta bene alla Commissione e neppure alle concorrenti del gruppo teutonico. Per farla breve: secondo Bruxelles i passeggeri lombardi oggi possono scegliere da dove partire per altri continenti, mentre con le nozza Ita-Lufthansa non più. Ma a pensarci è assurdo, stante che tutti i vettori sono liberi di cambiare strategia e nessuno ha aeroplani e slot a sufficienza per saturare ogni tratta. Inoltre, compagnie come United Airlines e Air Canada sono partner dei tedeschi e con loro decidono rotte, costi e orari. Quindi, se per esempio un volo come Roma-Washington fosse operato soltanto da Ita e United, comunque nessuno potrebbe impedire a British Airways di attivare un Malpensa-Washington, come hanno fatto ben cinque vettori negli ultimi anni, compresa Emirates.
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