Italia a secco: perdite record nelle reti idriche e 1 cittadino su 3 non si fida del rubinetto
Report Istat: quasi la metà dell’acqua immessa negli acquedotti italiani si perde prima di arrivare ai rubinetti. Se ne sprecano 3,4 miliardi di metri cubi. E i costi salgono del 23%. Le proposte Acea per l'Europa.
Un italiano su dieci non è allacciato alla fognatura, quasi un terzo dei cittadini non si fida a bere acqua potabile, ci sono ancora 3,4 miliardi di metri cubi d'acqua sprecati per perdite idriche che coprirebbero il fabbisogno di 43milioni di persone in un anno. L’Istat, alla vigilia della Giornata Mondiale dell’acqua ha fatto il punto (report “Le statistiche sull’acqua. Anni 2020-2024”). E intanto le tariffe sono salite del 23% negli ultimi cinque anni (studio Cittadinanzattiva). E Acea, tra i principali operatori idrici italiani, propone a Bruxelles un piano comune, per affrontare il problema di un settore che incide quasi il 70% del PIL dell’Europa, dove ci sono ancora oltre 16 milioni di persone senza accesso ad acqua potabile sicura e pulita.
Quasi la metà dell’acqua immessa negli acquedotti italiani si perde prima di arrivare ai rubinetti. Nei quattro anni presi in considerazione dall’analisi Istat la dispersione è arrivata al 42,4%, in peggioramento rispetto al 42,2% del 2020. In termini assoluti, significa che 3,4 miliardi di metri cubi d’acqua vengono sprecati ogni anno, un volume sufficiente per soddisfare il fabbisogno idrico di oltre 43 milioni di persone. Le perdite idriche più pesanti sono in alcune regioni del Centro-Sud: Basilicata (65,5%), Abruzzo (62,5%), Molise (53,9%), Sardegna (52,8%) e Sicilia (51,6%) registrano i livelli peggiori. Situazione migliore al Nord, con la provincia autonoma di Bolzano (28,8%), l’Emilia-Romagna (29,7%) e la Valle d’Aosta (29,8%) tra le realtà più virtuose.Le cause? Infrastrutture non adeguate, mancata manutenzione e investimenti insufficienti.
L’Italia continua poi ad essere tra i Paesi europei con il maggiore consumo di acqua, anche se c’è più attenzione agli sprechi. Nel 2022 per esempio c’è stata un’erogazione media di 214 litri per abitante al giorno, contro i 250 litri del 1999. Segno di una maggiore attenzione ai consumi. Si consuma, ma la sfiducia regna sovrana. Il 28,7% delle famiglie italiane dichiara di non bere l’acqua del rubinetto per mancanza di fiducia. Una percentuale stabile rispetto al 2023 ma ancora elevata rispetto agli standard europei. In Sicilia, Sardegna e Calabria la diffidenza è ancora più marcata, con punte superiori al 50%. Questo fenomeno alimenta il consumo di acqua minerale: l’81,8% della popolazione ne beve almeno mezzo litro al giorno, con picchi del 90,3% in Umbria.
Uno dei problemi strutturali del sistema idrico italiano resta la frammentazione nella gestione del servizio. La riforma del 1994, che ha introdotto il servizio idrico integrato con l’obiettivo di affidare la gestione a soggetti unici su scala territoriale, sta riducendo il numero di operatori (erano 7826 nel 1999, scesi a 2110 nel 2022), ma ancora si va a rilento.
C’è poi la questione prezzo, che continua a crescere. Secondo il rapporto di Cittadinanzattiva, nel 2024 una famiglia italiana ha speso in media 500 euro per il servizio idrico, con un aumento del 4% rispetto al 2023 e del 23% rispetto al 2019. E anche qui le disparità territoriali sono enormi: in Molise la spesa media è di 234 euro all’anno, mentre in Toscana si arriva a 748 euro. La provincia più costosa è Frosinone, con una bolletta media di 917 euro, mentre Milano è la più economica (185 euro).
Il problema acqua non è solo italiano, ma è europeo. Il settore idrico europeo, con un valore di circa 290 miliardi di euro e oltre 1,6 milioni di occupati, contribuisce a quasi il 70% del PIL dell’Unione. Ma gli investimenti restano pochi, basti pensare che dei 48 miliardi di euro per il finanziamento alle tecnologie climatiche, solo 1 miliardo è destinato alle tecnologie idriche. Acea ha proposto un piano a Bruxelles (ne hanno discusso a Roma l’amministratore delegato di Acea, Fabrizio Palermo, e la commissaria UE per l’Ambiente, Jessika Roswall). Una strategia basata sulle “4 R” per affrontare il problema:
- Regia unica – Creazione di un organismo centrale di governance per la gestione dell’acqua a livello nazionale ed europeo, con una pianificazione strategica degli investimenti e campagne di sensibilizzazione sui consumi responsabili.
- Regole aggiornate – Rafforzamento degli operatori del settore con decisioni centralizzate a livello europeo e nazionale su temi strategici come tariffe e pianificazione degli investimenti
- Rimedi chiari – Protezione delle fonti idriche, modernizzazione delle reti e potenziamento del riuso delle acque reflue
- Risorse adeguate – Revisione delle tariffe per allinearle ai costi reali e introduzione di nuovi strumenti di finanziamento, come un Fondo Europeo per l’Acqua o i blue bonds.