Come gli italiani investono i propri soldi
Bot e Btp sono ancora i più diffusi, anche se metà dei risparmiatori non conosce la relazione tra rischio e rendimento di un'obbligazione
A sei anni dalle crisi che si sono susseguite in America e in Europa torna la fiducia nei mercati tra i risparmiatori italiani.
Stando ai dati contenuti nella Relazione annuale 2013 della Consob, la partecipazione delle famiglie che investono in azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita è aumentata lo scorso anno al 26,3% dal 24,7% del 2012, anche se tale dato, spiega la Commissione, continua a essere significativamente inferiore al 2007, anno pre – crisi, in cui si attestava al 38%.
A spingere i risparmiatori verso investimenti più rischiosi sono stati soprattutto i rendimenti più magri sui titoli di Stato italiani, che continuano comunque a registrare il maggior tasso di partecipazione tra le famiglie, con una percentuale poco superiore al 12%, pur risultando a fine 2013 in calo di quasi un punto percentuale rispetto all'anno precedente.
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Stabili, invece, le quote di famiglie chedetengono obbligazioni bancarie (9,5% a fine 2013) e fondi comuni (6%), mentre è lievemente aumentata la percentuale di risparmiatori che hanno investito in azioni quotate italiane (dal 2,9% del 2012 al 3,5% di fine 2013) e in obbligazioni estere (1,4%).
Ma come risultava composto il portafoglio delle famiglie italiane nel 2013?
Sebbene siano i prodotti più diffusi, la quota delle attività finanziaria investite in Bot e Btp si è contratta nel 2013, passando dal 17,1% di fine 2012 al 13,7% nel dicembre 2013, mentre nello stesso periodo l'investimento in prodotti del risparmio gestito è lievemente cresciuto all'11% (+0,4%).
In flessione anche la quota di attività finanziarie investite dalle famiglie in obbligazioni societarie italiane e obbligazioni estere, scesa al 13,8% dal 15,4% di fine 2012, e in azioni, passata dal 5,3 al 4,2%, mentre è rimasta stabile la quota investita nei depositi e nel risparmio postale attorno al 47%, percentuale nettamente superiore dal 38% registrato nel 2007.
Segno che gli italiani restano ancora sul chi va là, preferendo parcheggiare i loro risparmi in attesa di ulteriori segnali più incoraggianti, dopo le batoste subite dalla crisi dei subprime nel 2008 – 2009 e dell'eurodebito nel 2011 - gli strascichi si vedono ancora oggi, soprattutto nei bilanci delle banche.
Quanto al livello di educazione finanziaria dei risparmiatori italiani, un'indagine commissionata nel 2013 dalla Consob a GfK Eurisko, inclusa nella relazione annuale, che ha considerato un campione rappresentativo di 20,5 milioni di famiglie (1.020 intervistati), evidenzia un ancora elevato livello di analfabetismo finanziario.
Circa un terzo degli italiani, infatti, non ha ancora chiaro il concetto di potere d'acquisto della moneta e quello di riduzione nel tempo del valore delle somme detenute.
Addirittura la metà delle famiglie non sa cosa significhi diversificare gli investimenti e poco meno della metà non conosce la fondamentale relazione tra rischio e rendimento di un prodotto finanziario (al crescere dell'uno, cresce anche l'altro).