Le due facce di John Elkann che compra Hamilton ma «minaccia» il Governo per vendere auto elettriche
Stellantis chiede incentivi per fare quello che non è riuscita a fare da sola, cioè vendere auto elettriche mettendo sul piatto la «bomba sociale» di Mirafiori e Pomigliano
«Hai visto “l’Agnelli”? Da una parte si compra Hamilton, dall’altra ci chiede i soldi per vendere le auto…». Nel bar del solito caffè alle 8, quelli con i soliti clienti, ogni mattina alla stessa ora, se ne sentono di tutti i colori perché il giornale aperto sul banco offre spunti di discussione. Spesso ci si limita al calcio e quando si arriva alla politica si va più sulla tifoseria che sul contenuto. Ma la frase di stamattina mi ha colpito in maniera diversa, come se mi avesse aperto gli occhi.
In effetti in poche ore ieri “l’Agnelli”, all’anagrafe odierna John Elkann ha regalato all’Italia una caramella dolce ed una avvelenata. Le cronache dicono infatti che sia stato lui in prima persona a convincere il pilota più vincente della storia della Formula 1 a trasferirsi a Maranello, dove non si vince un mondiale piloti dal 2007. Una forza di convinzione notevole che però non si è vista dentro a Stellantis. Nel pomeriggio infatti sono arrivate le parole di Carlos Tavares, amministratore delegato Stellantis, rivolte al governo Meloni: «Servono incentivi altrimenti il futuro degli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano è a rischio».
Sono un tifoso della Rossa, di quelli da premiare per la costanza malgrado gli anni di magra, ma non è bastato per cancellare dalla mia testa quella sensazione di fastidio lasciata dalle parole del dirigente francese. Un fastidio doppio. La frase infatti è senza alcun dubbio una nemmeno troppo velata minaccia, per alcuni una sorta di ricatto. Di sicuro una cosa non bella. E ci piacerebbe sapere se John Elkann nel suo ruolo di Presidente di Stellantis, le condivide. Di sicuro ha convinto Hamilton a venire in Italia ma non ha convinto Tavares ad evitare una simile dichiarazione. Che ha un altro lato pessimo.
Tavares di fatto sta chiedendo aiuto al governo, sta chiedendo i nostri soldi, semplicemente perché non riesce a vendere le auto. tavares, Stellantis, come altri colossi, sono caduti nella trappola dell’economia green; quella che ci vuole con le case green, la dieta green (stop a manzo e maiale il cui allevamento inquina, avanti con carni sintetiche ed amenità varie) e soprattutto l’auto green, elettrica, magari tre per famiglia.
Un disegno globale naufragato davanti all’evidenza dei fatti. L’auto elettrica non piace e non solo agli italiani. I problemi che la rendono meno appetibile dei veicoli con motore a scoppio, sono molteplici: le auto elettriche costano di più, ma non è solo questo: sono più delicate, ripararle costa un occhio della testa, e soprattutto ti rendono schiavo di colonnine spesso introvabili. Ricordo ancora pochi mesi fa un weekend trascorso con famiglia di amici in una nota località di mare della Liguria. Una tre giorni scandita dall’assillo della ricerca di una colonnina. Nella città in questione infatti ce ne sono ben 4 pubbliche; 4 per una città che d’estate arriva ad ospitare 25 mila persone. Capite bene come si finisca in preda al panico se si ha la batteria sempre più scarica. per non parlare poi della questione batterie che tra materie prime e produzione ci renderebbe schiavi della Cina, con tutto quello che a livello geopolitico ci costerebbe.
Tavares e gli altri big dell’auto hanno sbagliato i calcoli ed i loro business plan stanno andando a farsi benedire; così dobbiamo metterci noi i soldi, altrimenti ecco scagliata la bomba sociale sotto forma di fabbriche chiuse.
Qui potete leggere la storia delle sovvenzioni di Stato che in maniera diretta o indiretta la ex FIAT e l’attuale Stellantis hanno ricevuto da noi italiani. Una cifra complessiva che ha dell’incredibile: solo negli ultimi 5 anni bonus e sovvenzioni per l’acquisto di auto nuove sono arrivate a 3,5 mld di euro.
Il populista, davanti a tanto spreco di denaro potrebbe dire che con quei soldi avremmo potuto fare scuole, ospedali, ferrovie. Li abbiamo dati alle auto. E questo è il loro grazie.