La trappola del ferro
Cosa sono le «dighe di sterili» e cosa possono provocare (come successo in Brasile)
La scorsa settimana un tribunale brasiliano ha ingiunto alla società Samarco, di proprietà, in parti uguali, dei due colossi minerari globali Vale S.A. e BHP Billiton, di pagare 9,7 miliardi di dollari quale risarcimento per il crollo della diga di sterili, Fundao, presso la miniera di Samarco, nello stato di Minas Gerais, in Brasile. Una colossale ondata di fango di 40 milioni di metri cubi di fanghi tossici provenienti dall'estrazione degli ossidi di ferro spazzò via il villaggio di Bento Rodriguez nel novembre del 2015, in quello che il Brasile definì "il suo più grande disastro ambientale". Vedremo che in realtà era solo il primo…
Le miniere che producono metalli producono anche rifiuti genericamente chiamati sterili. Più esattamente: le miniere di metalli producono prevalentemente rifiuti assieme a piccole quantità di metalli. I rifiuti sono costituiti da materiale geologico che non contiene quantità sufficienti di minerale e possono includere il sovraccarico che copre il giacimento, oppure gli sterili: rocce polverizzate che rimangono dopo che il metallo è stato estratto dal minerale. Gli sterili contengono minerali e possono contenere anche tracce di metalli pesanti, sostanze chimiche e reagenti come ammoniaca, cloro, acido cloridrico, acido solforico, cianuro e talvolta mercurio in base al metallo che si desidera estrarre dal minerale. Vengono smaltiti in strutture costruite con gli stessi materiali e note come dighe di sterili.
La catastrofe di Samarco ha causato la morte di diciannove abitanti del villaggio ed ha lasciato senza tetto 375 persone. L’ondata di fango arrivò al Rio Doce, il cui bacino idrografico copre 230 comuni dove l'acqua del fiume era la fonte di approvvigionamento idrico per la popolazione. Infine, dopo due settimane dal crollo, i fanghi tossici hanno raggiunto l'oceano Atlantico dove le stime ritengono che affinché l'inquinamento possa essere smaltito dall'ambiente marino serviranno decenni. Le responsabilità, a prescindere da quelle oggettive, vanno condivise con un’economia estrattivista che ha prodotto in pochi anni, in un crescendo esponenziale, enormi quantità di rifiuti. Se le compagnie minerarie hanno privilegiato i profitti alla sicurezza da parte del governo brasiliano sono mancati i controlli nei tassi di estrazione, nello stoccaggio dei rifiuti: si è deciso, colpevolmente, di lasciare la supervisione alle aziende stesse.
Durante la presidenza Lula e poi Dilma Rousseff (2003-16) quasi il 25% delle esportazioni brasiliane era costituito da prodotti minerari, evidenziando la crescente centralità del capitale estrattivo nell'economia. Se nel 2005 il Brasile esportava 55,3 miliardi di dollari in materie prime nel 2011 questo valore era triplicato, pari 162,2 miliardi di dollari. Il minerale di ferro rappresentava una parte significativa delle esportazioni minerarie totali: era una costante vedere i treni più lunghi del mondo attraversare il paese. Costituiti da oltre 200 vagoni trasportavano circa 20.000 tonnellate di minerale di ferro per un valore appena superiore al milione di dollari. Con questo minerale si potevano produrre, ad esempio, migliaia di automobili per un valore complessivo di centinaia di milioni di dollari.
Ma il minerale veniva esportato senza essere processato e quindi senza valore aggiunto, senza portare alcun beneficio alle popolazioni locali: nel 2005 il Brasile esportava 44,2 miliardi di dollari in beni manifatturieri; nel 2011 le esportazioni manifatturiere erano aumentate a soli 60,3 miliardi di dollari. La relativa deindustrializzazione dell'economia e il crescente squilibrio tra il settore estrattivo, dominante, e quello manifatturiero indicavano la strada verso uno sviluppo di tipo coloniale.
L'accesso alle riserve di valuta estera, ottenuto attraverso le esportazioni di materie prime, consentì al Partito dei Lavoratori di Lula di liberarsi dai debiti verso le istituzioni finanziarie internazionali. Ma invece di cambiare rotta, l'amministrazione Lula ha continuato a sostenere una forma di estrattivismo del ventunesimo secolo, caratterizzata da un sistema di gestione del settore minerario guidato dallo Stato. Un modello di sviluppo incentrato sulle risorse e guidato dalle esportazioni durante una finestra di opportunità nel mercato globale delle materie prime.
Lula e Rousseff hanno spinto l'espansione dell'esplorazione delle materie prime: le royalties delle industrie minerarie e petrolifere fornivano al governo milioni di dollari fondamentali per i programmi sociali e la costruzione di infrastrutture. La Caixa Econômica Federal (Cassa di Risparmio Federale) grazie alle royalties erogava la Bolsa Família il programma sociale accreditato di aver sollevato milioni di persone dalla povertà più abietta. Ma questo non rappresentava una minaccia sostanziale per le élite economiche, in quanto ridistribuiva quantità relativamente trascurabili di denaro, non di beni. La crescita geometrica dei profitti monopolistici del settore estrattivo non veniva scalfita dal misero sussidio di Lula e Rousseff per ridurre la povertà.
Se il neoliberista Cardoso ha privatizzato Vale a un prezzo da "svendita” Lula ha promosso Vale come produttore monopolista ed esportatore di ferro, ignorando totalmente la concentrazione di ricchezza, profitti e poteri del capitale estrattivo. Gli enormi profitti hanno consentito a Vale di acquisire le miniere di ferro dei concorrenti, monopolizzandone letteralmente la produzione, di espandersi nel settore del manganese, del nichel, del rame, del carbone, della bauxite ed in altri. Ha acquisito ferrovie, porti, terminal per container, navi. Ha costruito almeno cinque centrali idroelettriche durante il governo Lula. Insomma, il capitalismo monopolistico è fiorito durante il regime di Lula, con profitti record nel settore estrattivo, danni all'ambiente e spostamenti massicci di popolazioni indigene e piccoli produttori.
Il settore minerario è ad alta intensità di capitale, genera pochi posti di lavoro e aggiunge poco valore alle esportazioni di un paese. Con il marcato rallentamento dell'economia cinese, in particolare del settore manifatturiero nel 2012-14, e la crisi delle materie prime i prezzi dei metalli sono crollati. I ricavi delle esportazioni brasiliane sono diminuiti, compromettendo la crescita complessiva e ponendo fine al boom delle esportazioni di energia e materie prime. Nel 2016, i comuni di tutto lo stato di Rio de Janeiro hanno visto le entrate diminuire del 30-40% rispetto agli anni precedenti, a causa del calo delle royalties.
Lula e Rousseff con Bolsa Família hanno alleviato la povertà estrema, ma non hanno fatto nulla per gestire il vertiginoso ciclo di espansione e contrazione endemico delle economie esportatrici di risorse naturali. Il risultato è che finanziare dei servizi pubblici quasi esclusivamente attraverso le royalties del settore estrattivo è inaffidabile, pericoloso e incline a forme illegali di privatizzazione, in una parola, alla corruzione, è cadere in una trappola: quella del ferro.
Quattro anni dopo, il 25 gennaio 2019, a Brumadinho, una città di poco meno di 40mila abitanti, anch’essa nello stato del Minas Gerais, ha ceduto la diga di sterili della miniera di Córrego do Feijão, anch’essa di proprietà di Vale S.A.. La diga ha collassato improvvisamente senza che si attivasse l’allarme e 13 milioni di metri cubi di sterili minerari si sono riversati su persone, animali, fiumi, foreste e città, causando un numero imprecisato di vittime. Sono stati recuperati 270 corpi, ma non è stato possibile stabilire un punto di conclusione delle ricerche: nessuno è in grado di affermare quale sia il vero bilancio delle vittime dell’incidente.
Dilma Rousseff aprì il suo discorso alla COP21 affermando che il crollo della diga di sterili nello stato di Minas Gerais era stato il "peggior incidente ambientale di sempre" del paese, causato dal comportamento irresponsabile di un'azienda i cui responsabili sarebbero stati severamente puniti. Ma anche il suo partito era caduto nella trappola del ferro. Soprattutto è ironico come il principale artefice di quell’ondata di neo-estrattivismo che permeò l’economia del Brasile ad inizio secolo, Luiz Inacio Lula da Silva, si sia recentemente presentato alla COP28 sostenendo che il Brasile "è disposto a dare l'esempio" proponendosi come “protagonista” della trasformazione ecologica del Sud Globale.