Lavazza con caffé e cialde sfida Starbucks e Nespresso
Il piano di Andrea Baravalle, alla guida del gruppo per far diventare gli Usa il secondo mercato dopo l'Italia
Quando senti annunciare che Lavazza punta a fare degli Stati Uniti il suo secondo mercato nel mondo, vengono subito alla mente due pensieri. Il primo è che venti anni fa fu proprio Lavazza a inventare il caffè in cialde, ma che fu Nespresso (gruppo Nestlé) a farsi poi largo nel segmento a suon di ricchissimi investimenti. Il secondo, più entusiastico, è sognare un revival in stile Carmencita anni sessanta. Creatività, innovazione, entusiasmo e naturalmente un buon caffè.
Ma andiamo per ordine a leggere i segnali.
L’entusiasmo è proprio quello che ha voluto comunicare il nuovo amministratore delegato Andrea Baravalle, alla guida del gruppo da circa 18 mesi, quando si è presentato alla stampa con i conti del 2012 di nuovo in attivo: il fatturato dovrebbe aggirarsi attorno a 1,33 miliardi con circa 40-45 milioni di utile, dopo la perdita di 10 milioni lo scorso anno.
Quanto all’America, è già pronta nel piano triennale una strategia che sfida sia Nespresso che Starbuks, la grande catena internazionale di caffè da asporto che da poco è sul mercato “casalingo” con macchine e cialde per il caffè espresso. Il dado è tratto. Per ritagliarsi lo spazio cui ambisce, Lavazza ha sviluppato una partnership con l’americanaGreen Mountain Coffee Roaster, che gestisce l’80 per cento del mercato delle macchine da caffè negli Usa e di cui Lavazza detiene il 7,5 per cento delle azioni. Ma sugli investimenti, sui dettagli e gli obiettivi economici si saprà forse qualcosa di più a primavera, quando il piano industriale di Baravalle sarà ufficialmente discusso in Consiglio di amministrazione.
“Puntiamo a fare degli Stati Uniti la nostra seconda piazza dopo l’Italia” si è limitato ad annunciare il Ceo. “Sino ad oggi abbiamo già investito circa 5 milioni di euro, ma si tratta di un lavoro in progress. La vera sfida e il vero impegno economico sono previsti per il 2014, quando il mercato sarà stato preparato e ne avremo capito a fondo le reazioni”.
La campagna americana di Lavazza parte dalla considerazione che esiste ancora un mercato potenziale e inesplorato. “Esiste oggi una generazione di giovani teenagers che ha sostituito il milk shake con frappuccino e cappuccino” spiega Baravalle “e che trasferirà poi questo uso nella propria abitazione. Già oggi inoltre, l’abitudine a bersi caffè e derivati nei coffee shop o in modalità da asporto (l’85% dei consumi) sta lentamente cambiando. Le ricerche di mercato ci dicono che molti americani preparerebbero cappuccino, latte e caffè macchiato volentieri anche a casa, dimezzando tra l’altro i costi (un cappuccino costa sino a 7 dollari) e noi stiamo puntando su questo”.
Non da soli, però. Visto che anche il gigante Starbuks ha appena lanciato la sua “Verismo” , la macchina per gustarsi l’espresso e compagni at home. “Cosa ci distingue? Innanzitutto, la nostra miscela di caffè in cialde, di altissima qualità” sottolinea l’amministratore delegato “ma soprattutto la possibilità di lavorare il latte fresco. Abbiamo testato tutti i tipi di latte: vaccino, a basso e medio contenuto di grassi, latte di soja, di capra, di riso. Insomma, tutto quello che si può trovare nei grandi frigoriferi americani. E adesso siamo pronti con un elettrodomestico studiato su misura per i gusti Usa, che rispetto a noi prediligono maggiore quantità di schiuma e temperature più alte”.
Paese che vai, gusti che trovi. Ma insieme con i gusti anche il mercato e il business. La macchina si chiama Keurig Rivo ed è stata sviluppata in collaborazione da Keurig (la divisione di Green Mountain che sviluppa e produce le cialde porzionate) e Lavazza, presenta il doppio marchio ed è stata presentata alla comunità finanziaria Usa l’8 novembre scorso. A fine gennaio quindi farà il suo debutto nella società del consumo con un grande evento organizzato a New York, quindi la vendita nelle maggiori catene di distribuzione. “Il 2013 sarà l’anno giusto per far crescere la penetrazione sul mercato. Pensiamo a un programma di degustazione e di eventi, di giornate per la stampa e iniziative di relazioni pubbliche. Fatto questo, nel 2014, il gioco si farà duro. “Dovrebbe essere l’anno dei grandi investimenti in comunicazione e sviluppo, ma le cifre non sono ancora state stabilite. Occorre studiare bene l’evoluzione nel prossimo anno” aggiunge Baravalle.
La cosa è interessante. Lavazza è presente in America dagli anni ’80 e non è certo nuova anche al mercato delle cialde porzionate. Adesso però si tratta di sfidare addirittura Starbuks facendo fruttare tutta l’esperienza acquisita. “Il nostro partner è leader nella produzione e vendita di macchine per caffè. La nostra miscela e la possibilità di lavorare il latte fresco non ce l’ha nessuno” e soprattutto i “piccoli passi” già compiuti per far conoscere il brand oltreoceano hanno tracciato un percorso. È di Lavazza infatti la caffetteria all’interno di Eataly, il luogo cult del cibo tricolore aperto da Oscar Farinetti a New York (oggi è il terzo luogo più frequentato della città), e la partnership continuerà in tutto il programma di nuove aperture a partire dalla città di Chicago. “Lo scorso anno, caso eccezionale per l’azienda, abbiamo scontato la crisi del mercato nazionale, la peggiore impennata al rialzo delle materie prime dovuta ad azioni speculative” racconta ancora Andrea Baravalle. “Dopo la perdita di dieci milioni ci siamo impegnato in un profonda riorganizzazione e focalizzazione degli investimenti e l’ultimo bilancio ci ha dato ragione. Adesso siamo pronti per nuove sfide, che naturalmente non guardano soltanto agli Stati Uniti”.
Lavazza è controllata da generazioni dalla famiglia omonima, mai tentata dalla quotazione in Borsa. È un’azienda quindi forte, capace di sostenere sul lungo periodo le sue strategie. “L’innovazione e la focalizzazione su Italia, Usa, Francia, Germania, Gran Bretagna e India sono la principale linea guida” conclude il ceo “In altri Paesi lavoreremo invece in modo diverso, gettando semi da far crescere insieme con distributori o partner locali. L’esempio da seguire è quello dell’Australia, nostro sesto paese per importanza, dove oggi Lavazza ha il 20% di quota di mercato, grazie all’ottimo lavoro svolto in molti anni da un distributore locale”