Lavoro, due generazioni a confronto. Le aspettative dei giovani
Oramai mio padre si è abituato – o forse è meglio dire rassegnato – alle mie bizzarre idee per il futuro. Posso dirgli che ho intenzione di aprire un’agenzia turistica spaziale così come un negozio di abbigliamento per alpinisti in …Leggi tutto
Oramai mio padre si è abituato – o forse è meglio dire rassegnato – alle mie bizzarre idee per il futuro. Posso dirgli che ho intenzione di aprire un’agenzia turistica spaziale così come un negozio di abbigliamento per alpinisti in Puglia e penso che farebbe sempre la stessa espressione…sì, rassegnata, non avrei altre parole per definirla. Lui continua a sostenere che la cosa migliore che ci sia è il posto fisso, io non ne sono così convinto e penso che in certe situazioni ci siano anche altre cose da valutare. Comunque sia, è tutta una questione soggettiva, ma forse anche un po’ generazionale.
Ho letto una ricerca realizzata da Gi Group in collaborazione con OD&M Consulting dal titolo “I giovani italiani e la visione disincantata del mondo del lavoro” che mette a confronto le prospettive e le aspettative sul mondo del lavoro dei giovani (15-29 anni) con quelle degli adulti (40-64 anni) e delle imprese.
Il primo dato che trovo interessante va a confermare, per certi versi, la dinamica Me/Mio Padre: 1 giovane su 6, se potesse scegliere, avvierebbe un’attività in proprio, contrariamente al 25% dei genitori che vorrebbe impiegato il proprio figlio in una multinazionale. Bisogna però anche dire che c’è una buona percentuale di giovani che considera il settore pubblico il lavoro ideale, 1 su 4.
Notizie positive arrivano dal fronte della ricerca dell’impiego: nonostante la difficoltà a trovare lavoro, i giovani (9 su 10) non mollano e continuano a sondare diverse strade considerando la perseveranza l’elemento fondamentale. Un altro dato in controtendenza rispetto a quanto si sente sbandierare a destra e a manca è sulla considerazione del lavoro manuale da parte dei giovani; risulta infatti che le nuove generazioni siano più propense ad accettarne uno rispetto ai genitori, se pure in condizioni di alta professionalità, stipendio adeguato o temporaneamente.
Le considerazioni sulla ricerca del lavoro mischiano il fattore merito (competenze, titolo di studio, sapersi presentare bene, usare strumenti di ricerca, annunci), elemento portante per genitori e imprese, a quello legato alla fortuna e alle conoscenze, 8 giovani su 10 considerano questi aspetti non meritocratici altrettanto importanti.
Per quanto riguarda invece il rapporto tra lavoro e realizzazione personale ci sono voci contrastanti: per il 42% dei giovani il lavoro è considerato un elemento strumentale che rappresenta la possibilità di portare a casa uno stipendio. In controtendenza però le donne, i laureati, i lavoratori autonomi e con contratto flessibile, che mettono al primo posto la realizzazione personale, 43%.
Il trasferimento per lavoro, spesso visto come elemento ostile dagli italiani, sta entrando nella mentalità nostrana. 8 ragazzi su 10 dichiarano di essere disposti a “muoversi” per lavoro, meglio se in altre regioni d’Italia – circa 40% – o in Europa. Le aziende vedono invece i paesi in via di sviluppo (BRICS) un’occasione di crescita da non farsi sfuggire.
La sensazione è quindi che i giovani si rendano conto del periodo non propriamente favorevole, abbiano una visione più realistica del mercato rispetto ai genitori e stiano utilizzando gli strumenti più corretti per far fronte alla situazione.