Il lavoro nel futuro: i robot saranno una minaccia o un'opportunità?
L’impatto della tecnologia e dell’intelligenza artificiale sulle professioni del prossimo decennio divide gli esperti. Ecco perché
Questo articolo è stato preso come documento per il saggio breve in ambito socio-economico, nella prima prova scritta dal titolo "La robotica e nuove tecnologie nel mondo del lavoro", degli esami di maturità 2017. Qui lo riproponiamo.
Nei prossimi dieci anni la tecnologia creerà o cancellerà posti di lavoro? Se lo è chiesto l’autorevole Pew Research che ha girato la domanda a quasi duemila esperti, analisti e costruttori di prodotti tecnologici che hanno partecipato all’inchiesta intitolata “Future of the internet”. I risultati , resi noti in questi giorni, concordano su tre punti.
Primo: i robot e l’intelligenza artificiale permeeranno ogni aspetto della nostra vita nel 2025. La loro diffusione, in particolare, si farà sentire sul settore della salute, dei trasporti, della logistica, dei servizi ai consumatori e della manutenzione della casa.
Secondo: la formazione scolastica e universitaria contemporanea non sono in grado di preparare adeguatamente le persone per le sfide del prossimo decennio ed sarebbe bene cominciare a fare qualcosa in proposito.
Terzo: i cambiamenti all’orizzonte saranno un’occasione per rivalutare alcune competenze, ma anche per ripensare il nostro concetto di lavoro. In futuro, insomma, ci sarà più spazio per modelli produttivi che daranno alle persone più tempo libero da trascorrere imparando, divertendosi o semplicemente in compagnia della propria famiglia. La tecnologia, dunque, ci libererà sempre di più dalla fatica della quotidianità e il risultato sarà una relazione più positiva con il lavoro e con le persone.
Sul resto, i pareri sono divisi. Per il 48% degli esperti, la nuova ondata dell’innovazione, fatta di auto che si guidano da sole, robot e network di intelligenza artificiale, impatterà negativamente sulla creazione di posti di lavoro. Nei prossimi anni, dunque, le macchine e i programmi sostituiranno non solo i lavoratori meno specializzati, ma anche gli impiegati. Ne conseguiranno vaste aree di ineguaglianza economica, disoccupazione e, addirittura, la rottura dell’ordine sociale.
L’altra metà degli intervistati, invece, si dice fiduciosa della possibilità che la tecnologia e l’innovazione saranno in grado di creare più posti di lavoro di quanti ne andranno perduti a vantaggio dei robot. Perché l’uomo, così come ha sempre fatto dalla Rivoluzione Industriale in avanti, non smetterà di creare nuovi tipi di lavoro, nuove industrie e nuovi modi di guadagnare.
Le ragioni del pessimismo, sostenute per esempio da Larry Gell, fondatore e direttore dell’International Agency for Economic Devolpement, comprendono il fatto che l’impatto dell’automazione, questa volta, non riguarderà più solo la produzione industriale e, quindi, gli operai. La nuova ondata di innovazione, a quanto pare, chiamerà in causa anche lavoratori più specializzati e impiegati. Alcune tipologie di lavoratori avranno molto successo nel nuovo scenario, ma la maggior parte dovrà fare i conti con un arretramento. Nella migliore delle ipotesi, molte persone faranno lavori meno pagati e meno gratificanti, ma ci sarà anche il rischio di una disoccupazione di lungo termine.
Gli ottimisti, fra cui Niels Ole Finnemann, professore e direttore di Netlab, DigHumLab in Danimarca, sostengono che, come già avvenuto nella storia, l’innovazione tecnologica cancellerà alcune professioni, ma ne creerà di nuove. Per i lavoratori, dunque, sarà inevitabile adattarsi al nuovo scenario, puntando su qualità che solo le persone possono avere e non le macchine. Secondo Cella Parce, ex ceo della California Virtual University: “I computer sono imbattibili per quanto riguarda il calcolo e la logica, ma la logica è solo un aspetto della mente umana. Quando si ha a che fare con intuito, creatività, creazione di senso e comunicazione, l’uomo non ha concorrenti”.
(questo articolo è stato scritto il 12 agosto 2014 e aggiornato il 21 giugno 2017)