Lavoro, le proposte dei partiti per le prossime elezioni
Tra completamento del Jobs Act e reintroduzione dell’articolo 18, i programmi delle maggiori forze politiche per aumentare l’occupazione
Articolo 18, Jobs Act, reddito di cittadinanza o salario minimo. Ecco alcune delle espressioni che verranno usate spesso in questa campagna elettorale del 2018. I temi del lavoro sono infatti tornati al centro del dibattito economico, assieme alle tasse e alle pensioni. Ecco, di seguito, una panoramica sulle proposte dei principali partiti per migliorare e rilanciare l’occupazione in Italia.
Partito Democratico
Per la prossima legislatura, il Pd punta soprattutto a completare il Jobs Act, la riforma del lavoro del governo Renzi che in molte parti resta ancora inattuata. Il programma del Partito Democratico prevede infatti il potenziamento delle politiche attive del lavoro, cioè dei programmi di formazione e reinserimento nel mondo produttivo dei disoccupati. A queste si aggiunge la creazione di un salario minimo orario, l’aumento dei costi dei contratti a termine per agevolare le assunzioni a tempo indeterminato. Tra le proposte c’è anche la riduzione del cuneo fiscale, cioè della pressione delle tasse e dei contributi sui salari, in modo da far scendere il costo del lavoro pagato dalle imprese e aumentare nel contempo le retribuzioni nette dei loro dipendenti.
Partiti del Centrodestra
I partiti del Centrodestra ritengono che il Jobs Act non abbia avuto quel successo tanto sbandierato dal Pd. Tuttavia, l’obiettivo dei tre partiti che compongono la coalizione non è smantellare del tutto la riforma del lavoro del governo Renzi, quanto piuttosto impegnarsi su alcuni fronti importanti come la riduzione del cuneo fiscale e la formazione per i giovani, soprattutto potenziando l’apprendistato. Previsto anche un ritorno ai voucher, i buoni lavoro che servivano per eliminare le prestazioni occasionali e che sono stati aboliti nei mesi scorsi dal governo Gentiloni.
Movimento 5 Stelle
Più volte il leader dell’ M5S, Luigi di Maio, ha parlato di una reintroduzione dell’articolo 18 cioè della norma che, nelle imprese con oltre 15 addetti, prevede il reintegro obbligatorio nell’organico dei dipendenti licenziati ingiustamente. Il che significherebbe smantellare uno dei pilastri del Jobs Act. Le proposte elettorali del Movimento 5 Stelle fanno inoltre un riferimento alla necessità di fare investimenti a elevato moltiplicatore occupazionale, cioè in settori che possono creare molti posti di lavoro. Senza dimenticare naturalmente il tanto discusso reddito di cittadinanza, cioè un sussidio a tempo indeterminato che parte da un minimo di 780 euro e viene tolto a chi rifiuta più di due offerte di lavoro o non partecipa attivamente a programmi di reinserimento professionale.
Liberi e Uguali
L’obiettivo di Liberi e Uguali è soprattutto smontare una parte del Jobs Act ripristinando l’articolo 18. Una delle poche parti del Jobs Act che viene preservata da Liberi e Uguali è quella dell’assegno di ricollocazione. Si tratta del contributo versato dalle Regioni ai lavoratori licenziati per consentire loro di pagarsi un corso di formazione per il reinserimento professionale. Liberi e Uguali vuole potenziare questa forma di assistenza ai disoccupati.