1 maggio 2018
ANSA/Flavio Lo Scalzo
Economia

Se il lavoro cambia deve cambiare anche il sindacato

Internet e la gig economy stanno trasformando l'impiego. Le rappresentanze devono evolversi con nuovi statuti e nuovi modelli organizzativi

Il lavoro sta cambiando. Non solo nei suoi aspetti organizzativi e nei mestieri. A cambiare è anche la sua natura. Nessuno oggi mette più in dubbio questa affermazione, anticipata da Marco Biagi già all’inizio del nuovo millennio.

Il modello d'azione desueto dei sindacati

Tra gli attori che soffrono di più questi mutamenti ci sono i sindacati. Il tema sembra oggi di dominio pubblico, a partire da quelle forme di gig economy che abbiamo imparato a conoscere attraverso i riders che consegnano cibo o gli autisti di Uber. I sindacati si sentono sfidati. Non solo per un ritardo storico a capire le trasformazioni. Ma anche perché non poche, e non marginali, sono le forme di auto-organizzazione dei lavoratori che, a prescindere dai profili, danno vita a realtà di rappresentanza innovative e slegate dalle sigle tradizionali.

I sindacati hanno costruito il loro modello d’azione sul paradigma fordista che ha segnato il Novecento. Un lavoro suddiviso tra settori (agricoltura, manifattura, terziario) e forme aggregative (Stato, mercato, terzo settore) caratterizzato da rapporti continuativi in luoghi definiti (fabbrica, ufficio) e orari determinati.

Com'è cambiato il mondo del lavoro

Però oggi la netta divisione tra i settori non esiste più, con imprese manifatturiere che producono la maggior parte degli utili offrendo servizi; con imprese di servizi che operano con logiche della produzione di massa; con un settore agricolo sempre più connotato dall’impiego di meccanica, tecnologie e nuovi servizi.

Le carriere sono ormai discontinue, caratterizzate da un susseguirsi di rapporti di lavoro presso diverse realtà, con passaggi repentini tra periodi di formazione e di lavoro e tra situazioni di lavoro dipendente e di lavoro autonomo. Il lavoro è poi sempre più slegato da un luogo definito, così come la gestione dei tempi di vita e di lavoro sta rapidamente cambiando.

L’insieme di questi elementi fa sì che il sindacato fatichi a entrare in contatto con i lavoratori mediante modalità tradizionali. I lavoratori non si trovano dentro la fabbrica, non si iscrivono al sindacato perché non resteranno in un’impresa per tutta la vita. E hanno esigenze di tutela più concentrate su elementi che li aiutino nelle transizioni di carriera, nella conciliazione vita-lavoro, nella formazione.

Come dovrebbero cambiare le strategi di rappresentanza

Al sindacato si chiede oggi un mutamento radicale nelle strategie della rappresentanza e della contrattazione con uno spostamento delle relazioni industriali dal centro alla periferia (azienda e territorio). La direzione è esatta, per cogliere le dinamiche della occupazione e della produttività del lavoro, ma di per sé insufficiente.
A dover cambiare sono gli attori stessi non tanto nelle persone quanto negli statuti e nei modelli organizzativi per intercettare i nuovi mestieri, i giovani e le dinamiche territoriali.

Soprattutto il sindacato dovrebbe ripristinare un confronto con le università, i centri di ricerca e gli intellettuali in generale per avviare una analisi sociale e culturale sulla portata dei cambiamenti. La sensazione, infatti, è che la rappresentanza stia perdendo anima e, almeno in parte, anche seguito, soprattutto tra i più giovani, proprio per l’assenza di una visione del lavoro che cambia. Un lavoro che non ha smesso di chiedere riconoscimento e rappresentanza. Che, però, chiede oggi risposte nuove.

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La novità

Deliveroo, la società inglese che consegna cibo a domicilio con 35 mila rider (1.300 in Italia) fa un passo avanti nelle tutele della gig economy e offre un’assicurazione gratuita ai suoi fattorini per coprire infortuni, danni a terzi e fino al 75 per cento del mancato introito in caso di inattività temporanea. La copertura è estesa a un’ora successiva alla fine del lavoro, per tutelare anche il rientro a casa.


(Articolo pubblicato sul n° 21 di Panorama, in edicola dal 10 maggio 2018, con il titolo "L'analisi")

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Michele Tiraboschi