Lo stabilimento Fiat Mirafiori compie 80 anni: storia e foto
Il 15 maggio 1939 fu inaugurato da Mussolini. Dai bombardamenti al boom economico e all'immigrazione; dal terrorismo alla sconfitta sindacale; dal declino produttivo al futuro elettrico
Dalle sue linee di montaggio è uscita la motorizzazione di massa degli italiani dal dopoguerra in poi. Insieme a milioni di vetture nuove di zecca da Mirafiori, caduta e poi risorta dalle ferite dei grandi bombardamenti, uscì la classe dei grandi manager della dinastia Agnelli (da Valletta a Cantarella, da Romiti a Marchionne) e della nuova classe lavoratrice degli emigranti meridionali. Vide i grandi scioperi del marzo 1943, l'autunno caldo, il terrorismo infiltrato nei reparti, la gloria e la caduta dei sindacati nella sconfitta del 1980.
La nascita, la morte e la rinascita (1939-1946)
La grande fabbrica di Mirafiori fu pensata dalla dirigenza Fiat per sostituire il glorioso ma ormai obsoleto stabilimento del Lingotto, caratterizzato ancora da una struttura produttiva di tipo verticale (cioè organizzato su più piani). Nel 1934 fu individuata l'area dove avrebbe dovuto sorgere il nuovo grande complesso. Fu Vittorio Valletta ad acquistare un vasto terreno di proprietà di Riccardo Gualino, il fondatore della Snia che versava allora in gravi difficoltà finanziarie. Il lotto si trovava nella zona sud della città di Torino, nei pressi dell'omonima aviosuperficie che formò molti degli aviatori della Grande Guerra.
Il progetto da realizzare su una superficie di oltre 1 milione di metri quadrati fu affidato all'architetto di fiducia degli Agnelli, Vittorio Bonadé-Bottino ( che realizzò per la famiglia anche la famosa torre del Sestrières). La realizzazione si svolse in circa tre anni dal 1936 al 1939, durante i quali l'Italia era passata dal punto più alto del consenso al regime al patto d'acciaio con la Germania nazista; dalle leggi razziali alla vigilia di una nuova guerra.
Mirafiori, che avrebbe dovuto dare lavoro a oltre 20.000 operai, fu visto con sospetto dallo stesso Mussolini per l'alta concentrazione di maestranze potenzialmente socialiste. Fu comunque il Duce ad inaugurare solennemente gli stabilimenti il 15 maggio 1939 alla presenza di 50.000 lavoratori Fiat. La manifestazione, occasione per rimarcare la politica autarchica del regime, si svolse con gli operai schierati lungo il perimetro di Mirafiori e il capo del fascismo a dominare la catena di montaggio dotata di migliaia di finestre apribili elettricamente, la sezione fonderie, la centrale idroelettrica e la mensa che garantiva 11.000 pasti a turno.
Quando il nuovo stabilimento Fiat fu pronto ad entrare in funzione, la guerra era alle porte. Anche se nel maggio del 1939 l'azienda presentò alla stampa e al pubblico il prototipo della Fiat "700", una berlinetta che avrebbe dovuto avviare la motorizzazione di massa assieme alla "Topolino" del 1936, la produzione civile fu bruscamente accantonata per fare fronte alle necessità della nazione in guerra.
Con il conflitto caddero quasi subito anche le prime bombe sullo stabilimento nuovo di zecca. I bombardieri della Raf, decollati dalle basi francesi ancora attive, si presentarono sopra Torino appena due giorni dopo l'entrata in guerra dell'Italia la notte tra l'11 e il 12 giugno 1940. Nonostante le 17 vittime civili e i feriti, l'inaccuratezza e i limiti tecnici dei bombardieri britannici provocarono danni alquanto limitati alle strutture produttive. Le cose cambieranno (in peggio per gli stabilimenti Fiat) a partire dalla fine dell'anno 1942, quando il Bomber Command inglese lanciò con velivoli molto più avanzati i grandi quadrimotori sul triangolo industriale dell'Italia Nord-occidentale. Tra le incursioni più micidiali quelle del 20-21 novembre 1942 quando 232 bombardieri si presentarono di notte nel cielo di Torino colpendo con precisione le linee di montaggio di Mirafiori, azione ripetuta altre 5 volte fino in un martellamento di fuoco che durerà fino alla metà del dicembre di quell'anno.
Gli stabilimenti Fiat, come Mussolini aveva temuto già quattro anni prima, divennero il fulcro dei grandi scioperi del marzo 1943 mentre dal cielo continuavano a piovere le bombe. Agli inglesi si sostituirono gli americani, che per tutto il 1944 terminarono l'opera di annientamento del fiore all'occhiello dell'industria italiana. Alla spoliazione di quanto restava della produzione di motori aeronautici, armi, munizioni e mezzi militari contribuirono i tedeschi, che impongono la legge marziale alle maestranze, pena la deportazione. Durante gli ultimi mesi di guerra si intensificano le azioni di sabotaggio ai macchinari residui da parte dei Gap e delle Sap, fino all'insurrezione del 25 aprile 1945.
Dalla ricostruzione alla motorizzazione di massa
Quel che rimaneva di Mirafiori fu gestito nei primi mesi del dopoguerra dalle rappresentanze dei partiti presenti nel CLN (Pci-Psi-PdA e Dc) nel cosiddetto "Consiglio democratico di gestione" che coinvolse anche la dirigenza aziendale. La ricostruzione iniziò già nel 1945 e durante i lavori lo stabilimento fu visitato dal Maresciallo britannico Harold Alexander, già comandante delle forze alleate in Italia. L'anno successivo sarà la volta del Capo provvisorio dello Stato Enrico de Nicola, che visitando gli stabilimenti poté constatare l'avvenuta ripresa di parte del potenziale produttivo della Fiat, che riprese con un modello d'anteguerra: la Fiat 1100B, una versione leggermente modificata rispetto a quella del 1937. Seguiranno, nel 1950 il primo modello progettato dopo la guerra, l'"americaneggiante" berlina 1400 e nel 1953, la 1100/103 totalmente rinnovata rispetto alla precedente serie. Entro due anni, le porte del boom economico si sarebbero spalancate ai cancelli della fabbrica torinese con l'avvento a breve distanza della produzione dei modelli che fecero da spina dorsale alla motorizzazione di massa dell'Italia repubblicana: la "600" nel 1955 e la "Nuova 500" nel 1957, sotto la direzione di Vittorio Valletta. La spinta decisiva agli investimenti negli impianti produttivi di Mirafiori fu possibile grazie agli effetti del Piano Marshall e dei finanziamenti pubblici. Quasi tre milioni di Fiat 600 e quasi 4 milioni di piccole "500" usciranno dalla catena di montaggio di Mirafiori, che nel 1956 vide il primo grande ampliamento con la costruzione dell'area produttiva di Mirafiori-Sud, che porterà la superficie complessiva degli stabilimenti ad un totale di 1,5 milioni di metri quadrati. Negli anni centrali del "boom" economico, il gruppo Fiat conta circa 75 mila dipendenti, cioè più del doppio di quando Mirafiori fu concepita e poi costruita. Il volume degli investimenti dalla ripresa della produzione nel 1946 ha superato i 300 miliardi di lire. Nel solo 1955 l'organico della fabbrica cresce quasi del 15%, un dato importante che avrà riflessi sulla componente sociale della città di Torino per l'importante flusso migratorio soprattutto dal meridione d'Italia. La Fiat, che rappresentava allora la realtà più avanzata del welfare aziendale dell'epoca, aveva provveduto alla costruzione di oltre 2.500 alloggi destinati ai dipendenti (impiegati e operai)
Gli anni '60 sono il periodo di maggiore livello occupazionale per gli stabilimenti di Mirafiori, che arriveranno ad impiegare circa 65 mila dipendenti. Dalle catene di montaggio della fabbrica-città continueranno ad uscire le piccole di casa Fiat, affiancate in quegli anni dalle berline medie 1300/1500 e dal 1964 da un'altra utilitaria di grande successo, la Fiat 850. Le 1300/1500 saranno sostituite dalla best-seller 124, mentre nel 1967 arriverà anche una berlina di fascia medio-alta, la 125.
Dall'autunno caldo alla sconfitta sindacale del 1980: gli anni del conflitto in fabbrica
Al lancio della berlina media 128, nel 1969, si aprirà il lungo periodo della conflittualità all'interno della fiat Mirafiori, inaugurata con i grandi scioperi del' "autunno caldo" di quell'anno. La particolare virulenza della mobilitazione fu alimentata dalla straordinaria concentrazione di manodopera accumulata negli stabilimenti di Mirafiori a partire dalla metà degli anni '50, che rappresentava un fiume in piena i cui primi sintomi di esondazione si verificarono già negli anni precedenti con una serie di scontri tra gli operai e i capireparto e sabotaggi frequenti alle vetture in linea. Nel 1970 gli scioperi superarono i 4 milioni di ore, spesso accompagnati dal "corteo interno" agli stabilimenti. Questa lunga fase di conflitto fu terreno fertile per il radicamento durante gli "anni di piombo" dell'eversione terrorista all'interno dei cancelli di Mirafiori. Durante gli anni delle violenze in fabbrica, furono sperimentati anche i primi robot, precisamente nel 1974 sulla linea di montaggio della 124. Sedici saldatori automatici che non interrompevano mai il proprio lavoro mentre aleggiava in fabbrica un clima di fiancheggiamento silenzioso alle Brigate Rosse e dalla catena di montaggio uscivano parte dei circa 6 milioni di Fiat 127, altro grandissimo successo passato da Mirafiori. Ben cinque saranno i dirigenti dell'azienda colpiti alle gambe dal fuoco brigatista, azioni che seguirono il rapimento del capo del personale Ettore Amerio già nel 1973. Poi, il 21 settembre 1979 arrivò l'assassinio ad opera di Prima Linea dell'Ingegner Carlo Ghiglieno. Questo clima di terrore in fabbrica fu alla base dell'erosione dal consenso ai sindacati, che non erano riusciti a proteggere i dipendenti e ad accompagnarli verso un progresso democratico delle relazioni con la gerarchia aziendale. La stagione delle grandi lotte e del radicamento terrorista terminerà con la sconfitta sindacale del 1980 e la marcia del 40.000 lungo le strade di Torino.
Dagli anni '80 al futuro ibrido
Dal punto di vista della produzione, i difficili anni '70 furono importantissimi per gli stabilimenti torinesi, che ospitarono la linea di montaggio della Fiat 131"Mirafiori", la berlina media che fu battezzata con il nome della fabbrica nella quale veniva assemblata. Prodotta dal 1974 al 1984, passerà il testimone durante l'ultimo anno di produzione ad una altra Fiat tra i modelli di maggiore successo in Italia ed Europa, la Uno. Se i numeri delle vetture prodotte sono sempre alti, per Mirafiori gli anni '80 significano anche il declino in termini occupazionali causato anche dal decentramento produttivo della Fiat negli stabilimenti italiani e in quelli esteri. Gli anni del post-fordismo significano crescita dell'automazione e forte riduzione degli organici, passati dagli oltre 60 mila della fine degli anni '60 ai soli 25 mila della fine degli anni '90. Oggi a Mirafiori, che rimane nell'immaginario collettivo degli italiani come la "fabbrica" per antonomasia, si produce unicamente il Suv Maserati "Levante", ultimo e prestigioso baluardo della natura globale del marchio Fca nel mondo. Ma per la grande fabbrica sta per riaprirsi una nuova sfida, a 80 anni dalla sua fondazione: la produzione di una vettura il cui nome evoca gli anni d'oro di Mirafiori: la prima ibrida di casa Fiat. la 500X.