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Economia

Sull'agricoltura l'Europa si smentisce da sola e pure per niente

La Ue, che aveva imposto limiti alle coltivazioni di grano e mais oggi, con la crisi in Ucraina, sblocca i terreni incolti. Ma difficilmente basterà

Tra le conseguenze della guerra in Ucraina che impattano direttamente sull’economia italiana c’è anche la carenza di materie prime alimentari, in particolare cereali come grano e mais e girasoli da cui si ricava l’olio. Un problema che condividiamo con altri Paesi, tanto che la Commissione europea, lo scorso 23 marzo, ha dato il via libera per aumentare di altri 4 milioni di ettari in tutta Europa la superficie coltivabile, sfruttando anche i terreni cosiddetti a riposo. In Italia questo significherà la possibilità per gli agricoltori di seminare altri 200mila ettari di terreno attualmente incolto, per giungere all’obiettivo, stimato da Coldiretti, di una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e grano tenero per la panificazione, necessari per ridurre la dipendenza dall'estero dopo l’impennata dei prezzi delle materie prime agricole.

Tra le regioni più interessate dal nuovo provvedimento, sottolinea la Coldiretti, ci sono la Campania con 10.500 ettari, la Lombardia con 11mila, il Veneto con 12.300 ettari, il Piemonte con 17.544 e l'Emilia-Romagna con 20.200. Nel medio periodo, secondo l’associazione, sarà possibile mettere a coltura fino a un milione di ettari, lasciati finora incolti per diversi motivi. La Commissione ha poi approvato un piano di aiuti da mezzo miliardo di euro per gli agricoltori più colpiti dalla crisi: ai produttori italiani arriveranno 48,116 milioni di euro.

Per Bruxelles si è trattato di un netto cambio di direzione nella politica agricola comune, ma l’attuazione pratica non è così semplice. Se è vero che l’Italia è molto carente di mais – di cui importa circa la metà del proprio fabbisogno – e girasoli, diversi agricoltori hanno espresso dubbi sulla fattibilità dell’incremento della produzione nazionale di queste colture. ''Seminare mais ha dei costi molto alti adesso e il problema principale è la siccità, inoltre richiede un grande impiego di fertilizzanti e tanta acqua e, con la carenza che c'è, difficilmente si investiranno altri ettari in mais. Inoltre, l'aumento dei costi dei mezzi tecnici incide moltissimo'', hanno fatto sapere alcuni produttori di Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna aderenti ad Alleanza Cooperative Agroalimentari. Inoltre, gli agricoltori hanno espresso perplessità sulla sostenibilità economica dell’investimento: se adesso le quotazioni sono alte, non è detto che lo saranno ancora a settembre ,quando il mais piantato verrà venduto. Va infine considerata la difficoltà a rifornirsi di fertilizzanti dopo lo stop alle esportazioni forniture da Russia, Bielorussia e Ucraina, che sono i primi esportatori al mondo.

Le difficoltà di applicazione delle nuove norme sono chiare anche al ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, che all’inaugurazione della fiera Vinitaly a Verona ha commentato: "Capisco la perplessità degli agricoltori e peraltro ritengo che l'autosufficienza produttiva deve essere a livello europeo. Vedo difficile dismettere vigneti per produrre mais perché magari può essere conveniente oggi che il prezzo del mais è alto, anche se nelle ultime settimane si è abbassato, ma non c'è alcuna garanzia che tra sei mesi quando verrà raccolto il prezzo del mais sia quello di oggi". In più c’è da fare i conti con la siccità. "Gli investimenti mancanti negli ultimi 20 anni hanno fatto sì che sempre più avessimo problemi di approvvigionamento idrico”, ha spiegato Patuanelli. “Per le colture questo è un problema: il mais si coltiva in pianure irrigue e il nostro Paese non è pieno di pianure irrigue".

Di fatto la pandemia e la guerra in Ucraina hanno riportato alla luce l'importanza del settore agricolo, in particolare delle colture di cereali come grano tenero e grano duro, ma anche di mais e semi oleosi come girasole, soia e colza. E l'Europa se ne è resa conto con l'adozione di questa nuova strategia alimentare, in deroga ai vincoli imposti dalla Politica agricola comune sul greening. Anche secondo Patuanelli “è evidente che questo tema va risolto a livello europeo, c'è una cornice europea che deve essere trainante rispetto alle capacità produttive. Ci sono molte produzioni che abbiamo fatto fare a Paesi terzi e che invece avremmo dovuto incrementare a livello europeo ".

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Chiara Merico