Mps e l'aumento di capitale: a che servono 3 miliardi in più
La banca senese chiude il 2014 con una perdita di oltre 5 miliardi. Entra lo Stato come azionista. E serviranno più soldi
Lo stato italiano, attraverso il ministero dell'Economia, diventerà azionista del Monte dei Paschi di Siena (Mps), probabilmente con una quota del 10%. E' la novità di oggi, frutto degli eventi delle ultime ore, dopo che la banca toscana ha reso noti ieri i dati preliminari sul bilancio 2014. L'esercizio si è chiuso con una perdita di oltre 5,3 miliardi di euro, che rende necessario un aumento di capitale di 3 miliardi. Il profondo rosso non consente dunque il rimborso di 240 milioni di interessi dovuti da Mps allo stato per i Monti bond, il prestito obbligazionario fatto dal governo che il gruppo senese ha ricevuto negli anni scorsi, per salvarsi e ristrutturarsi. Il valore originario dei Monti bond era di 4 miliardi di euro ma nel 2014, dopo un precedente aumento di capitale, Mps ha già rimborsato una prima tranche di 3 miliardi. Manca ancora all'appello un miliardo. Poiché la banca al momento è in perdita e non ha abbastanza soldi neppure per rimborsare gli interessi, il regolamento del prestito obbligazionario prevede dunque la conversione delle somme dovute in azioni. Il che aprirà le porte del capitale al ministero dell'Economia, a partire da luglio. Secondo le prime stime degli analisti, la partecipazione destinata a finire in mano pubblica vale al momento il 10% circa della banca ma, dall'estate in poi, si dimezzerà probabilmente al 5%. Mps, come già ricordato, ha infatti in programma un aumento di capitale che vedrà l'ingresso di nuovi azionisti (non si sa ancora chi e in quali termini), con una conseguente riduzione delle quote in mano allo stato. Intanto, aldilà del rimescolamento di carte nell'azionariato, i vertici del Monte dei Paschi guidati da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola devono vedersela coi dati di bilancio, che sono molto negativi, benché nel 2014 vi sia stato un aumento dei ricavi (fino al 3%) e una riduzione di oltre due punti percentuali dei costi operativi.
Mps, le prospettive per le azioni e l'aumento di capitale
La maxi-perdita è dovuta infatti a pesanti svalutazioni di alcune voci di bilancio, in primis dei crediti deteriorati, per un importo che arriva a 7,8 miliardi di euro. Per capire il perché di queste operazioni e dei dati negativi appena pubblicati da Mps, bisogna però compiere qualche passo indietro. Dallo scorso anno, infatti, tutti i maggiori istituti di credito di Eurolandia (compreso il Monte dei Paschi) sono finiti sotto la lente della Banca Centrale Europea (Bce), che ha creato un sistema di regole comuni per la valutazione del patrimonio. Si tratta del primo passo che porterà alla creazione dell'Unione Bancaria Europea, in cui tutti i più importanti gruppi finanziari del Vecchio Continente finiranno costantemente sotto la vigilanza della Bce. In primo luogo, per ogni banca è stato effettuato un processo di asset quality review (aqr). Il patrimonio di ciascun istituto è stato cioè scandagliato nel dettaglio per valutarne la qualità. Tale passaggio ha imposto a Mps una diversa classificazione dei crediti presenti nel suo portafoglio, soprattutto di quelli traballanti, con una conseguente svalutazione di alcune poste di bilancio e l'emersione delle perdite appena registrate.
Gli stress test
Assieme all'asset quality review, è stato effettuato uno stress test, cioè una verifica di cosa potrebbe accadere allo stesso patrimonio, di fronte a una crisi economica e finanziaria di grande portata, come quelle verificatesi a più riprese negli ultimi anni, dal 2007 in poi. Per ottenere una valutazione positiva, le banche dovevano possedere un Common Equity Tier 1 (Cet-1) superiore a una determinata soglia. Il Cet-1 è un particolare indicatore che misura la solidità di un gruppo creditizio, mettendo in rapporto il capitale che ha a disposizione con le attività impiegate sul mercato, come per esempio i prestiti concessi o i titoli obbligazionari posseduti. Tutte queste attività patrimoniali sono state ponderate per il rischio, cioè valutate in base alla loro qualità. Avere nel portafoglio un bond con un rating elevato (tripla A), infatti, non è ovviamente la stessa cosa che possedere invece un titolo-spazzatura o un credito ormai in sofferenza che ha buone probabilità di non essere rimborsato. Una volta effettuate queste valutazioni, le attività patrimoniali della banca sono state poi rapportate al capitale disponibile per calcolare il Common Equity Tier 1 che, di regola, non deve essere inferiore all'8%. Gli istituti che non rispettavano le soglie indicate, hanno subito una bocciatura agli stress test e dovranno rafforzarsi nei prossimi mesi, attraverso una massiccia iniezione di capitali.
Mps: licenziamenti, cessioni di agenzie e (si spera) nuovi soci
E' proprio ciò che è accaduto a Mps, a cui i funzionari della Bce hanno chiesto addirittura un Common Equity Tier 1 ancor più alto di quello minimo e tagliato su misura in base alle caratteristiche dell'istituto toscano. Inizialmente, la soglia era stata fissata al 14,3% ma poi, su richiesta dei vertici del Monte dei Paschi che hanno presentato alcune osservazioni alle autorità di Francoforte, l'asticella è stata fissata al 10,2%. Nonostante lo “sconto” ottenuto, la banca toscana avrà comunque bisogno di un'iniezione di liquidità superiore a quanto preventivato inizialmente: 3 miliardi di euro anziché i 2,5 miliardi previsti, che le consentiranno di rimettersi in regola e raggiungere un Common Equity Tier dell'11,4%. Le risorse necessarie al raggiungimento di questo obiettivo verranno appunto raccolte con un aumento di capitale, da mettere in cantiere tra aprile e giugno prossimi. La primavera del 2015, insomma, per Mps sarà ancora una stagione molto impegnativa.