Mps, i costi della ristrutturazione
Concluso con il pieno di adesioni l'aumento di capitale. Ma il risanamento non è stato certo indolore per i soci di minoranza e i dipendenti
Missione compiuta. C'è molta soddisfazione ai vertici del Monte dei Paschi di Siena (Mps) dopo la conclusione dell'aumento di capitale da 5 miliardi di euro, che ha ottenuto una quota di adesioni pari al 99,8%. La ricapitalizzazione permetterà alla banca di rimborsare i Monti bond, cioè il prestito obbligazionario governativo che, negli anni scorsi, ha consentito a Mps di far una bella scorta di liquidità, dopo una crisi che l'ha portata sull'orlo del baratro.
Fabrizio Viola, l'amministratore delegato di Mps che aveva il compito di rimediare ai disastri della precedente gestione, in un intervista al Sole24Ore ha descritto il traguardo raggiunto come un indubbio successo, una svolta storica nella vita della terza banca italiana che oggi ha i bilanci finalmente ripuliti. Vale la pena ricordare, però, che la ristrutturazione di Mps non è stata certo un'operazione indolore e ha probabilmente lasciato molti con l'amaro in bocca, tra i soci e i dipendenti.
Una delle questioni più controverse, almeno nei rapporti tra i vertici della banca e i piccoli azionisti, è stata per esempio la modalità con cui è avvenuto l'aumento di capitale di Mps. L'operazione ha infatti costretto i soci di minoranza che hanno deciso di aderire all'offerta di nuovi titoli a sborsare una montagna di soldi: la somma da pagare era infatti pari a oltre circa 1,7 volte il capitale investito nelle azioni di Mps agli inizi di giugno, cioè prima che partisse la ricapitalizzaione. Chi invece non ha voluto aderire all'offerta e ha venduto i titoli della banca (assieme ai diritti di opzione a cui erano collegati) ha collezionato purtroppo delle perdite in borsa tutt'altro che trascurabili.
MPS: LACRIME E SANGUE PER IL RISANAMENTO
Non è (e non sarà) un'operazione indolore neppure il risanamento “industriale” di Mps, annunciato nell'autunno scorso dall'ad Viola e dal presidente Alessandro Profumo. Per riportate la banca alla redditività, il management di Mps ha messo in cantiere una ristrutturazione profonda, che avrà effetti significativi sugli organici e sulla presenza nel territorio. Il piano industriale 2013-2017 prevede infatti una riduzione del numero di filiali da 2.750 a 2.200. Ci sarà poi un taglio al personale di 8mila unità, che porterà il numero totale dei dipendenti da 31 mila a 23 mila. Molte uscite sono già avvenute (2.700), mentre altre avverranno nella maniera dolorosa possibile, cioè attraverso la cessione delle attività di back office (1.070) o di società partecipate (600 lavoratori) oppure con il blocco del turnover. Altri 2.900 esuberi, invece, si perfezioneranno con il ricorso al Fondo di Solidarietà.
MENO AMBIZIONI
Oggi, insomma, il gruppo Monte dei Paschi di Siena è cosa ben diversa rispetto a ciò che era tre anni fa. E' una banca commerciale con un azionariato diffuso e che ha molte meno ambizioni di un tempo, pur conservando un forte radicamento sul territorio. Con queste caratteristiche, Mps potrebbe in futuro essere la giusta preda di qualche aspirante compratore straniero, intenzionato ad allargare la propria presenza in Italia. Il destino dell'istituto toscano sarà tuttavia più chiaro nel 2015 o nel 2016. Per adesso, i vertici di Mps si godono ancora i risultati dell'aumento di capitale.