Mutui e spread, tutto quello che c’è da sapere
La bufera di queste ore sul breve periodo non avrà effetti rilevanti, ma sul medio-lungo termine potrebbe causare l’aumento delle rate. Ecco perché
In queste ore di fibrillazione politica, con un governo la cui definizione sembra ancora in alto mare, e con lo spread che ha ricominciato a correre sfondando la barriera dei 300 punti, sono tanti i timori che stanno investendo i cittadini italiani.
Uno su tutti però sembra aver preso il sopravvento: che cosa accadrà ai mutui per la casa già stipulati da milioni di consumatori e che conseguenza potrà avere questa nuova bufera finanziaria che investe il nostro Paese sui costi futuri dei finanziamenti per l’acquisto di un immobile?
Cerchiamo allora di rispondere in maniera specifica a questi interrogativi, partendo dal presupposto che, almeno per il momento, la situazione non è ancora drammatica, ma che bisognerà cominciare a preoccuparsi seriamente nel caso in tempi stretti non si arrivi a una soluzione della crisi politica che ormai dura dal 4 marzo scorso, data delle elezioni.
Mutui a tasso fisso
Nella carrellata di tutte le possibili opzioni legate alla gestione di un mutuo per la casa, partiamo dalla situazione più semplice, quella che tra l’altro in assoluto presenta meno rischi. Ci riferiamo ovviamente a chi ha stipulato con una banca un contratto di mutuo a tasso fisso.
Ebbene, in queste condizioni, non c’è assolutamente nulla da temere, perché le pericolose impennate cui è soggetto in queste ore lo spread, in nessun modo potranno avere conseguenze sul valore delle rate da pagare. Queste ultime infatti resteranno fisse.
Mutui a tasso variabile
Decisamente più articolata è la situazione di chi invece ha contratto un mutuo immobiliare con un tasso variabile. Attenzione però, perché paradossalmente, in un primo momento, i consumatori in questione non solo non devono temere effetti negativi, ma potrebbero addirittura avvantaggiarsi dell’attuale situazione di bufera finanziaria sullo spread.
Come noto infatti, il tasso del mutuo variabile è definito da due componenti: una quota decisa dalla banca e una seconda parte che fa riferimento invece all'indice Euribor, stabilito dalla Bce e che dipende da vari fattori di mercato e al momento è addirittura negativo, quindi molto vantaggioso.
Ebbene, le stime realizzate finora a Francoforte dai tecnici della Bce, prevedevano che l'Euribor dovesse risalire tra un anno circa, determinando in questo modo un aumento della rata. Ora però, proprio a causa dell’instabilità creata sui mercati dalla vicenda italiana, si pensa che potrebbe risalire fra almeno 18 mesi, quindi più tardi.
Questo significa per almeno sei mesi, i detentori di un mutuo a tasso variabile, potrebbero spuntare condizioni addirittura più vantaggiose di quelle preventivate finora. Ma sarebbe però un beneficio di corto respiro, perché, come vedremo di seguito, sul medio-lungo periodo la situazione potrebbe invece aggravarsi.
Un futuro a tinte fosche
Gli effetti di uno spread elevato potrebbero diventare invece molto deleteri sul medio-lungo periodo. E questo sia per chi già detiene un mutuo a tasso variabile, ma anche per chi in futuro volesse richiedere in banca un nuovo mutuo per l’acquisto di un immobile.
Uno spread elevato infatti, ha come una delle conseguenze più immediate, un calo dei rendimenti dei titoli del debito pubblico del nostro Paese. E siccome una fetta consistente di questo debito, sottoforma soprattutto di titoli obbligazionari, è detenuta proprio dalle banche, queste ultime dovrebbero fare fronte a un calo di introiti legati proprio al calo degli interessi.
Ebbene, una soluzioni a cui potrebbero far ricorso consisterebbe proprio nell’aumento della loro componente nella definizione del tasso variabile, ma anche nell’aumento generalizzato dei costi dei mutui a tasso fisso.
In questo modo verrebbero penalizzati alla lunga sia chi già possiede un mutuo a tassa variabile, ma anche chi ne vorrà far richiesta in futuro, indipendentemente dal fatto che il mutuo in questione sia a tasso fisso o variabile.
Sottolineiamo infine che tale scenario non è assolutamente teorico, visto che è proprio quello che avvenne nel 2012, subito dopo l’impennata dello spread del 2011, che allora raggiunse livelli prossimi ai 600 punti e tra le altre cose condusse alle dimissioni dell’allora governo Berlusconi.