Come si salva l'Italia delle serrande abbassate
Ogni giorno chiudono nel Belpaese 27 negozi: colpa della crisi, ma non solo. Come evitare la desertificazione dei nostri quartieri?
Ogni giorno 27 negozi chiudono definitivamente le saracinesche nelle nostre città. Lo dicono i dati diffusi da Confcommercio e lo dicono i nostri occhi, girando per città (piccole e grandi, da Nord a Sud). Nei quartieri in dieci anni sono scomparsi i “negozi di prossimità”: fruttivendoli, edicole, alimentari, librerie, negozi di abbigliamento. “La pandemia, la crisi energetica dopo e la concorrenza agguerritissima dell’online hanno creato una crisi oggettiva. Abbiamo ancora 700mila esercenti. Come salvarli? Con una spinta fiscale, con un rilancio del piano urbanistico e con la diversificazione dell’offerta”, spiega Antonello Oliva, responsabile dell’Ufficio Economico Confesercenti
Ma partiamo dalla fotografia delle nostre città. Tra il 2012 e il 2022 sono spariti oltre 100mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante. secondo l’analisi dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d'impresa nei centri urbani, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. In crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275) e la presenza straniera nel commercio (+44mila imprese, +107mila occupati). A confronto c’è stato un calo di 138mila attività italiane (-148mila occupati). “Molte realtà hanno retto durante l’emergenza Covid, grazie ai ristori e ad una sorta di congelamento dei settori produttivi. Ma poi non sono riuscite a riprendersi. Non ci sono ammortizzatori sociali per questi lavoratori. Potrebbe davvero diventare un problema sociale”, continua Oliva. La riduzione dei negozi e la crescita di alberghi e ristoranti sono più accentuate nei centri storici e soprattutto al Centro- Nord. E cambia il tessuto commerciale: sempre meno i negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
Le nostre città si stanno desertificando commercialmente: negli ultimi 10 anni la densità delle attività commerciali è calata del 20%, passando da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti. “La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali”, commenta il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.
Il rischio per l’Italia è di avere sempre più una concentrazione delle attività commerciali su grandi catene, con scarsa diversificazione. E il fatto che il negozio di vendita al dettaglio stia lasciando il posto alle attività di alloggio (+43,3%), alberghi, bar e ristoranti (+10.275) significa anche gentryfication, cioè un cambiamento socioculturale delle città, che diventano terra di turisti e fasce più abbienti della popolazione a discapito delle esigenze delle classi medie.
Una crisi dettata dal ridimensionamento delle spese e dalla concorrenza fortissima dell’online. Qualche esempio? Le edicole chiudono ovunque perché ci sono bassi livelli di lettura e il digitale ha la meglio. Per l’abbigliamento la concorrenza online è spesso troppo forte, soprattutto in un momento in cui il caro-vita impone scelte. “La soluzione sono incentivi diretti, ma anche sotto forma di esonero per qualche anno dal pagamento delle tasse per le attività a rischio chiusura. Dovrebbero esserci piani di agevolazioni fiscali per le nuove generazioni. I Comuni dovrebbero lavorare su un rilancio del piano urbanistico, contro lo svuotamento dei centri storici”, propone Oliva.
Resta fondamentale anche l’uso del canale online, anche per le piccole attività. Il settore è passato da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1 miliardi nel 2022. È una delle cause della desertificazione commerciale delle città, ma può essere anche un’opportunità. “Pensiamo a tabaccai, cartolerie, negozi di informatica che negli ultimi anni si sono attrezzati per collegarsi al mondo online, offrendo per esempio il servizio di gestione dei pacchi delle vendite a distanza. Diversificare i servizi, alleandosi con l’online può sicuramente aiutare i negozi fisici delle città”, conclude Oliva.