L’offerta netta di azioni in borsa è in negativo: delisting e buybacks
Le ragioni per cui malgrado i mercati siano ai massimi i pacchetti azionari e le aziende quotate siano in diminuzione
Proseguiamo nell’analisi di questo insolito fenomeno dell’offerta netta di azioni diventata negativa dopo aver visto la scorsa volta come la componente “nuove quotazione di azioni” sia sta molto bassa nel passato biennio.
Gli altri due elementi che influiscono su questo strano risultato sono il delisting di azioni dalle borse, tipicamente tramite OPA e successiva cancellazione della quotazione dell’azienda dal listino rendendola “privata”, e le operazioni di buyback di azioni, tramite i quali le società quotate si ricomprano azioni proprie sul mercato.
Anche nel 2024 abbiamo già visto parecchie operazioni di OPA o “takeover” come si usa dire in gergo anglosassone: pensiamo al recentissimo “approccio ostile” della banca spagnola BBVA nei riguardi della conterranea Banco de Sabadell, delle OPA di Lavazza su IVS Group e dei francesi di LVMH su Tod’s a casa nostra o ancora quelle del private equity su Salcef Group in Italia o su Paramount negli Stati Uniti, tanto per citarne alcune.
Il risultato è che da anni il numero di aziende quotate in borsa cala. E non di poco, guardate i grafici che ci mostra Schroders (aggiornati a fine 2022):
Vero e proprio tracollo nel Regno Unito con 3 aziende su 4 sparite in 60 anni, calo anche in Germania dai massimi post bolla internet del periodo 1998-2001 (durante il quale si quotarono molte aziende “.com” sul Neuer Markt tedesco della tecnologia), discesa importante anche negli Stati Uniti (-50% dai massimi) con un buon recupero finale grazie alle tante quotazioni del 2021.
E in Borsa Italiana che succede? Le cose vanno meglio! Ci sono sempre uscite dal listino (come vedete dal grafico de Il Sole 24 Ore una ventina all’anno in media), ma si registra anche, in controtendenza con molti altri mercati mondiali, una crescita delle IPOs.
Il grafico di Statista lo mostra e il numero mancante (del 2023) è un ottimo 36 con tante piccole e medie aziende che si sono quotate, anche grazie all’ottimo lavoro fatto dalla nostra borsa, parte del gruppo Euronext.
Se ampliamo l’analisi ci accorgiamo del fatto che un’azienda sia quotata non sia poi una cosa così abituale in giro per il mondo. Apollo ci mostra come negli USA solo il 13% delle aziende con un fatturato sopra i 100m di dollari sia listed, mentre tutto il resto non lo è.
In Europa il dato è ancora più netto, ed è normale che sia così vista la minore forza dei mercati dei capitali: 4% contro 96%.
Il mondo è “dominato” dalle aziende non quotate quindi come ci mostra bene l’immagine di S&P Capital-Bain:
Insomma il trend del fattore delisting pare chiaro e in assenza di un ritorno di una finestra più favorevole alle nuove quotazioni possiamo aspettarci che il numero di aziende presenti in borsa possa calare ancora.
Il nuovo record è stato stabilito ancora una volta da Apple con 110 miliardi di dollari annunciati proprio questo mese di maggio.
Gli annunci di buybacks sono piuttosto volatili come il grafico di Deutsche Bank ci mostra bene, ma primi mesi del Covid a parte, sempre molto presenti.Passando all’ultimo elemento della nostra analisi e cioè i buybacks possiamo evidenziare come il trend sia molto forte da parecchi anni a questa parte.
Se ci concentriamo sul mercato americano possiamo osservare come tutte le più grandi operazioni di riacquisto di azioni siano state fatte nel passato quinquennio con i colossi dell’infotech a farla da padroni.
Il nuovo record è stato stabilito ancora una volta da Apple con 110 miliardi di dollari annunciati proprio questo mese di maggio.
Gli annunci di buybacks sono piuttosto volatili come il grafico di Deutsche Bank ci mostra bene, ma primi mesi del Covid a parte, sempre molto presenti.
A capire in quali altri paesi i buybacks sono popolari ci viene in aiuto ancora un’ottima analisi di Schroders che mostra come la percentuale di aziende che fa buybacks e annulla poi le azioni sia in aumento un po' ovunque nel mondo. In particolare sono le aziende inglesi e quelle giapponesi le maggiori protagoniste di un aumento di queste operazioni. Non ci stupiamo più di tanto visto che il mercato UK è tipicamente value e ha visto le quotazioni di molte società rimanere indietro rispetto al resto dei mercati mondiali pur in presenza di buoni risultati e ha quindi spinto gli azionisti e i CEOs a mettere in atto buybacks.
In Giappone la storia appare ancora più interessante con, finalmente, moltissime aziende che hanno deciso di ridurre le loro enormi e storiche riserve di cash ed impiegarle per usi più produttivi fra i quali il riacquisto di azioni.
Ma il buyback più grande in atto al momento (dati Button-Banque Syz) non è nei paesi finora menzionati bensì in Cina dove Alibaba ha già ricomprato il 2,6% del totale delle azioni esistenti e, completando il piano di acquisti annunciato, arriverà al 4%. Un record per una megacap e un ottimo segno per chi crede al recupero delle azioni cinesi, al quale senza dubbio crede la stessa Alibaba.
La prossima edizione della rubrica vedrà un cambio drastico di argomento: parleremo di investimenti e sostenibilità.