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(Ansa)
Economia

Il primo Open Banking apre una nuova strada nel mondo delle criptovalute

Grandi novità nel mondo della finanza 2.0, alla ricerca di maggiore visibilità, sicurezza, controllo

Addio a copia e incolla di stringhe di cifre e lettere infinite e via libera a trasferimenti con un clic e a un unico punto d’accesso al proprio mondo cripto. L’Open Banking, ormai quotidiana nella finanza tradizionale, sbarca nel mondo della finanza innovativa. Conio (primo wallet Bitcoin italiano, partecipata da Poste Italiane e Banca Generali) e Mesh (fintech americana integrata con oltre 300 leading exchange) lanciano il primo Open Banking per Bitcoin in Europa. “Un servizio che consente di fare aggregazione di conti e movimentazione con un unico punto di accesso da dove si controlla tutto”, spiega Orlando Merone, direttore generale di Conio

Gli oltre 430mila clienti di Conio potranno connettere i loro portafogli Bitcoin con le principali piattaforme di scambio di asset digitali. Un unico punto di accesso. All’inizio saranno dieci le piattaforme cripto globali collegate: Binance, Bitfinex, Bitsamp, Bybit, Coinbase, Houbi, Kraken, Kucoin, Okx, Robinhood. Quando si fa trading, si comprano o si scambiano bitcoin si usano solitamente diverse piattaforme globali e l’open banking dà l possibilità di avere una custodia indipendente da queste piattaforme e dove si possono anche però connettere tutti gli account, così da visualizzare i saldi, avere sotto controllo il proprio portafoglio sui vari asset e trasferire con un tap i propri bitcoin. Basterà schiacciare un tasto, un po’ come funziona PayPal? “E’ un’esperienza di utilizzo molto simile perché semplificata al massimo. Ma non parliamo di trasferimenti istantanei, richiedono anche decine di minuti”, chiarisce Merone.

L’obiettivo è eliminare le frizioni che caratterizzano ancora il processo di trasferimento dei bitcoin. Frizione che è dovuta soprattutto a difficoltà, maggiormente per chi non ha familiarità con il settore, nel digitare correttamente indirizzi lunghi e complessi (più di un IBAN), nel dover fare copia e incolla varie volte e nel dover usare QR code. In più il tutto su piattaforme in lingua inglese quasi sempre. E quando si digita un indirizzo sbagliato si genera un errore insanabile, perché un trasferimento avvenuto non può essere richiamato.

Sono oltre 3,6 milioni gli italiani che possiedono criptovalute secondo l’Osservatorio Blockchain and Web3 della School of Management del Politecnico di Milano. Tre i modi più diffusi per fare acquisti. Il 32% ha comprato su una Borsa di criptovalute, il 17% con un servizio di wallet con acquisto diretto, il 38% attraverso servizi di trading tradizionali e app bancarie.

Rischi? “Bisogna usare le stesse precauzioni che abbiamo con gli strumenti tradizionali. Quindi evitare di condividere gli accessi dei propri account, non rispondere a messaggi su WhatsApp, Telegram e social e diffidare di terzi che invitano a fare operazioni con il nostro portafoglio. Le classiche frodi fiscali colpiscono gli strumenti digitali come gli altri. E poi il suggerimento è di non affidarsi per la custodia dei bitcoin alle stesse piattaforme dove si fa trading, ma di scegliere una custodia indipendente”, consiglia Merone. L’Open Banking significa avere un unico punto di accesso e quindi una panoramica costante sui propri movimenti, anche in chiave antifrode dunque. Secondo una ricerca condotta da Adan in collaborazione con KPMG il 66% di chi detiene criptovalute usa gli exchange più comuni per custodire Bitcoin e i propri asset digitali, invece di un wallet personale. E così succede anche negli altri Paesi: in Germania il 59%, in Francia il 63%, nei Paesi bassi addirittura l’83%.

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Cristina Colli