Risparmio: il nemico numero uno si chiama inflazione
Economia

Risparmio: il nemico numero uno si chiama inflazione

Gli effetti pesanti del caro-prezzi sul portafoglio degli investitori. Se ne parla all'It Forum di Rimini

Molti investitori forse non l'hanno ancora capito, ma c'è un pericolo che insidia i loro risparmi molto di più della crisi economica, degli alti e bassi delle borse o della speculazione finanziaria. Si tratta del tasso di inflazione, cioè l'aumento del costo della vita, che ogni anno erode il potere di acquisto delle famiglie.

IL CARO-PREZZI E I RISPARMI DEGLI ITALIANI

Oggi l'inflazione non fa più paura, almeno in Italia, dove la crescita dei prezzi viaggia attorno alla modestissima soglia dell'1,2% su base annua (secondo le rilevazioni dell'Istat aggiornate ad aprile). Nel lungo periodo, però, il caro-vita è capace di lasciare un segno indelebile sul portafoglio di qualsiasi risparmiatore, fino ad annullare completamente i guadagni ottenuti con i più comuni strumenti finanziari acquistati dalle famiglie, come i titoli di stato e le obbligazioni a tasso fisso o le azioni quotate sulle borse internazionali.

La pensa così Nicola Zanella, responsabile dell'area Studi e Ricerche di Youinvest , società di formazione finanziaria fondata da Marco Liera. All'edizione 2013 dell'It Forum di Rimini, Zanella ha esposto i risultati delle sue analisi sugli effetti dell'inflazione sul portafoglio degli investitori di diversi paesi, elaborati in base ai contenuti del Global Investment Returns Yearbook, la pubblicazione a cura del gruppo Credit Suisse che riassume i rendimenti medi incassati nel lungo periodo con i principali strumenti finanziari.

IT FORUM 2013

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Secondo Zanella, il rendimento medio reale ottenuto tra il 1913 e il 1981 dagli italiani che hanno investito in obbligazioni a tasso fisso (compresi i titoli di stato come i Btp) è stato negativo per ben il 98,3%, proprio a causa dell'inflazione. Ciò significa che gli interessi attivi liquidati ogni anno dai bond sono stati quasi completamente mangiati dall'effetto negativo del caro-prezzi. Non è andata meglio agli investitori di altri paesi come la Gran Bretagna che, tra il 1940 e il 1981, investendo in obbligazioni a tasso fisso, hanno incassato una perdita reale media di oltre il 62%.

“ Il guaio è”, dice Zanella, “che neppure l'investimento in azioni, oltre a quello nei bond, rappresenta un’ottima copertura contro l'inflazione”. Chi ha puntato sui titoli quotati a Piazza Affari tra il 1961 e il 1977, per esempio, ha incassato un rendimento reale negativo di quasi l'86%. Di conseguenza, a detta dell'analista di Youinvest, chi vuole davvero difendersi dall'azione erosiva del caro-vita deve iniettare nel portafoglio una buona dose di titoli inflation linked: i bond conrendimento indicizzato all'aumento dei prezzi, che sono l'unica categoria di strumenti finanziari da considerarsi come risk-free, cioè libera da rischi, almeno per chi ha obiettivi di guadagno predeterminati. Sul mercato, esistono numerose obbligazioni di questo tipo come i Btpi (i Buoni del Tesoro Italiani inflation linked), gli Oati francesi (emessi dal governo di Parigi) o le obbligazioni indicizzate ai prezzi, collocate dalle principali banche e istituzioni finanziarie mondiali.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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