Partite Iva, è caccia al vecchio regime dei minimi
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Partite Iva, è caccia al vecchio regime dei minimi

A novembre scorso boom di nuove posizioni, che si spiega proprio con le migliori condizioni previste dalla disciplina riformata

“È possibile che alcuni soggetti abbiano anticipato l’apertura della partita Iva entro la fine del 2014, ritenendo il regime allora in vigore più vantaggioso per la propria attività”. Sono le parole testuali con cui il Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia commenta i dati sullo straordinario incremento di nuove partite Iva registrato nello scorso mese di novembre, un dato che diventa ancora più significativo se si considerano poi quante delle nuove posizioni hanno riguardato il regime di vantaggio fiscale denominato “dei minimi”. I numeri infatti sono quanto mai emblematici: nel mese di novembre 2014 sono state aperte 38.351 nuove partite Iva, con un incremento del 15,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, un risultato dovuto, come accennato, prevalentemente proprio all’aumento di adesioni al regime fiscale di vantaggio, scelto da 11.917 soggetti, ben l’84% in più rispetto a novembre 2013.

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E questo perché la nuova normativa ha previsto una cosiddetta clausola di salvaguardia, che permette a chi ha aderito al vecchio regime, adottato quindi entro il 31 dicembre 2014, di mantenerlo per i cinque anni previsti dalla normativa riformata, anche se dal primo gennaio 2015 entreranno in vigore le nuove misure. Quella che dunque viene diplomaticamente presentata dai tecnici del ministero come una possibilità, è da ritenersi una vera e propria certezza. D’altronde nei mesi scorsi erano state numerose le associazioni professionali che avevano esplicitamente e pubblicamente invitato potenziali nuove partite Iva, ad iscriversi entro la fine del 2014 per usufruire delle migliori condizioni offerte dal vecchio regime dei minimi.

Un invito che evidentemente è stato raccolto in massa a novembre, con numeri e percentuali che però non è difficile prevedere si ripresenteranno sotto le stesse forme quando verranno resi noti i dati relativi al mese di dicembre. Di fronte a questo straordinario fenomeno vale allora la pena riepilogare quali sono le maggiori e più significative differenze tra vecchio e nuovo regime dei minimi, mettendo in evidenza le variazioni più significative che hanno spinto molti nuovi lavoratori autonomi a optare per un’iscrizione entro il 2014.

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Vecchio regime dei minimi
La vecchia disciplina di vantaggio fiscale predisposta per le partite Iva prevedeva innanzitutto un limite massimo di reddito lordo annuale pari a 30mila euro, qualsiasi fosse l’attività considerata. Partendo da questo presupposto si poteva optare per il regime dei minimi, utilizzabile per cinque anni o comunque fino al compimento del 35esimo anno di età, con una tassazione unica fissata al 5% comprensiva di Irpef e Irap, ove fosse previsto il pagamento di questa seconda imposta. Da notare che il sostituto in questione assommava tutto, anche le addizionali locali. Se nel corso dei cinque anni in questione si superavano i 30mila euro di reddito, dall’anno successivo si sarebbe dovuti entrare per obbligo nel regime ordinario dell’Iva. Se però il reddito annuale superava i 45mila euro, allora già dall’anno in corso venivano abolite le agevolazioni e si sarebbe dovuto pagare le imposte secondo il regime ordinario. Inoltre era possibile scaricare le spese sostenute per la propria attività professionale, andando in questo modo ad abbattere in modo rilevante il lordo che determinava il raggiungimento o meno dei fatidici 30mila euro.

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Nuovo regime dei minimi
Con la nuova disciplina, approvata con la legge di stabilità e che, come già accennato, entrerà in vigore dal primo gennaio 2015, scattano una serie di novità fondamentali, che rendono il nuovo regime dei minimi decisamente meno appetibile del vecchio. Innanzitutto la tassazione unica triplica, passando al 15%. Inoltre, un serio ostacolo all’adesione al nuovo regime è posto dal reddito lordo massimo percepibile. Ai vecchi e unici 30mila euro, si sostituisce infatti una tabella che prevede per ogni professione un limite specifico. Con i risultato che per le professioni, la soglia in questione crolla vertiginosamente a quota 15mila euro. Mentre per il settore del commercio sale, seppur di poco, a quota 40mila euro. Inutile dire che per molte attività la diminuzione pesante del limite massimo del reddito terrà fuori dal regime di vantaggio tanti soggetti.
  

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Da notare poi che non sarà più possibile scaricare le spese. Per ogni attività infatti è stato predisposto un indice di redditività che stabilisce in modo forfettario la quota del reddito lordo su cui comunque si pagheranno le imposte. Ancora una volta per le professioni l’indice è molto alto, essendo fissato al 78%, mentre va meglio alle attività commerciali, per le quali il valore in questione è pari al 40%. Di fronte a queste poche ma rilevanti novità, risulta una mediocre consolazione quella per cui non esiste più il limite dei cinque anni, ma si potrà mantenere per sempre il regime in questione. E risulta anche più chiaro perché in tanti abbiano deciso di correre prima della fine del 2014 ad iscriversi al vecchio regime dei minimi.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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