Partite Iva, come potrebbe cambiare il regime dei minimi
La tassazione passerebbe dal 5 al 15%, il periodo di agevolazione da 5 a 10 anni, mentre il reddito massimo verrebbe fissato a 55mila euro
E’ un vero e proprio giro di vite quello che il governo avrebbe in mente per il cosiddetto regime dei minimi delle partite Iva. Una posizione fiscale che ha avuto un grande successo soprattutto tra i più giovani, considerato che a oggi sono più di 700mila gli artigiani, i professionisti e i piccoli imprenditori che hanno scelto questa soluzione per avviare la propria attività. E difatti si tratta di un regime che presenta vantaggi non indifferenti. Andiamo dunque a vedere come funziona attualmente e come il governo intende intervenire.
La normativa attuale
Oggi, chi sceglie di aprire una partita Iva ed è nelle condizioni di optare per il regime di minimi, può usufruire di una tassazione agevolata complessiva al 5%, che comprende tanto l’Irpef quanto tutti i tributi locali. Una sorta di sostituto d’imposta davvero molto conveniente. Ma i benefici non finiscono qui, perché sono previsti anche l’esenzione dall’Irap, dal versamento dell’Iva e l’esclusione dagli studi di settore. L’unica condizione da rispettare è quella di percepire nell’anno solare un reddito lordo, al netto delle spese sostenute per l’attività che sono scaricabili, non superiore ai 30mila euro.
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Se si rispetta questa condizione si può usufruire dell’agevolazione per cinque anni. Se poi il soggetto che apre la partita Iva ha meno di 30 anni, può continuare a restare nel regime dei minimi anche oltre i cinque anni, ovvero fino al compimento del 35esimo anno d’età. La normativa prevede inoltre che se il soggetto che opera con regime dei minimi supera nell’anno solare la soglia dei 30mila euro, nell’anno successivo dovrà aderire al normale regime delle partite Iva, tranne se lo sforamento supera il tetto dei 45mila euro, perché in questo caso si dovranno pagare le imposte normali anche per l’anno in corso.
Le possibili modifiche del futuro
Vediamo ora invece quali sono le modifiche che il governo intende apportare a questo quadro normativo grazie allo strumento della delega fiscale, anche se non è escluso che ci possano essere interventi già con la prossima legge di stabilità. Il ritocco più significativo riguarderebbe la tassazione che passerebbe dall’attuale 5% al 15%. Un cambiamento di segno negativo, al quale farebbero però da contraltare mutamenti di carattere decisamente più favorevole.
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Innanzitutto il periodo di agevolazione verrebbe portato da 5 a 10 anni. Poi la soglia massima di reddito sarebbe elevata a 55mila euro, anche se su questo fronte l’idea sarebbe quella di creare soglie di reddito specifico per le varie attività intraprese. In ogni caso si andrebbe da un minimo di 25mila a un massimo, appunto, di 55mila euro. Resterebbero invece invariate tute le altre agevolazioni riguardanti Irap, Iva e studi di settore.
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