Partite Iva, tutti i nodi del 2017
Il cosiddetto Jobs Act degli autonomi ha ottenuto il via libera solo dal Senato e altre riforme già approvate stentano a decollare
Come spesso succede, le dimissioni di un governo, anche se seguite dalla nascita veloce di un nuovo esecutivo, possono lasciare nel limbo molti provvedimenti legislativi. E’ quello che potrebbe accadere al cosiddetto Jobs Act delle partite Iva dopo il forzato passaggio di consegne tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Il provvedimento in questione, che introduce una serie di semplificazioni e di agevolazioni fiscali per i lavoratori autonomi, è stato infatti approvato solo al Senato, e attende ora il semaforo verde della Camera che però potrebbe arrivare chissà quando. E come se non bastasse, anche alcune altre misure approvate in maniera specifica proprio per il mondo degli autonomi, stentano a decollare per ragioni di carattere burocratico e amministrativo. E intanto, la crisi ha fatto sentire proprio in questo ambito tutti i suoi effetti: tra il 2005 il 2015 infatti, il reddito dei professionisti è diminuito del 18 per cento, secondo le stime fornite dall’Adepp, l’associazione delle Casse di previdenza professionali. Ma vediamoli nel dettaglio i nodi da sciogliere a partire da gennaio 2017 che riguardano le 5 milioni di partite Iva attive nel nostro Paese, che sperano per questa strada di rilanciare le proprie opportunità lavorative.
Jobs Act delle partite Iva
È stato così ribattezzato il ddl Del Conte sul lavoro autonomo che, come accennato, ha ottenuto finora solo l’ok del Senato con 173 sì, 53 astenuti e nessun voto contrario. Si tratta di un provvedimento composto da 22 articoli che introduce novità importanti per le partite Iva. Si va dall'estensione del congedo parentale alle mamme e ai papà iscritti alla gestione separata, ai rimborsi ed ai tempi di pagamento. E ancora, dall'apertura di sportelli ad hoc nei centri per l'impiego alla definizione delle condizioni per favorire il lavoro agile o smart working.
Assegno maternità
Ci sono poi, come accennato, misure che sono state già approvate, ma che per una serie di motivi ancora non fanno sentire i propri effetti. È il caso dell’assegno di maternità per le iscritte alla gestione separata Inps, che richiede però per essere ottenuto, una sospensione dell’attività lavorativa molte volte impraticabile, soprattutto per chi si ritrova magari ad avere un solo cliente.
Società di professionisti
Sulla stessa lunghezza d’onda c’è poi il provvedimento che ha reso possibile la costituzione di società di professionisti. Una misura che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe permettere a molti lavoratori autonomi di unire le forze per aggiudicarsi magari appalti di importi anche importanti. Peccato però che la costituzione di queste società sia per il momento frenata da un regime fiscale nettamente sfavorevole, che in pratica equipara i redditi di queste aggregazioni a quelli di un’impresa qualsiasi.
Bandi europei
E se possibile ancora più imbarazzante è la maniera in cui si stanno, o meglio sarebbe dire non si stanno esplicitando gli effetti della riforma, introdotta con la passata legge di stabilità, che aveva introdotto la possibilità per professionisti, freelance e partite Iva di partecipare a bandi europei. Peccato però che a distanza di quasi un anno, le Regioni, che gestiscono gran parte delle risorse comunitarie, non abbiano ancora adeguato le proprie legislazioni a questo nuovo regime. Una situazione deplorevole sulla quale potrebbe essere immaginare un intervento deciso di sprone da parte del governo.
L’unica certezza
C’è un unico punto sul quale effettivamente le partite Iva, in particolare quelle che non avendo un Ordine professionale di riferimento sono assegnate alla gestione separata dell’Inps, possono tirare un sospiro di sollievo. La loro aliquota previdenziale scenderà in via definitiva al 25%. La nuova legge di stabilità ha infatti abolito qualsiasi ulteriore riferimento alla norma, voluta quattro anni fa dall’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero, che prevedeva di far lievitare tale percentuale al 33% entro il 2018.