I pensionati all’attacco dell’Inps: la Uil fa causa per la mancata rivalutazione ai prezzi
Il sindacato ha presentato decine di diffide all’Istituto, lamentando il mancato adeguamento degli assegni più alti all’inflazione. Il problema riguarda 3,5 milioni di persone. L’obiettivo: dichiarare l’incostituzionalità della Legge di bilancio 2023
I pensionati fanno causa all’Inps. Fortemente penalizzati dal meccanismo di (non) rivalutazione introdotto dal governo Meloni, un sistema che per la prima volta nella storia non adegua affatto gli assegni previdenziali all’aumento dell’inflazione, penalizzando soprattutto i redditi più alti, i pensionati vanno al contrattacco.
Ne dà notizia il quotidiano Domani, dove si legge che la Uil Pensionati ha depositato diffide per conto di un gruppo di iscritti, avviando una serie di cause civili contro l’Istituto nazionale della previdenza sociale. L’obiettivo, spiega il Domani, è investire della questione la Corte costituzionale, e «ottenere una pronuncia sulla illegittimità dell’articolo 1, comma 309, della legge numero 197 del 29 dicembre 2022», cioè la Legge di bilancio 2023 che ha introdotto un vero e proprio taglio alle pensioni.
Nelle istanze-diffida, si legge che «il criterio e l’entità (inadeguata e insufficiente) dell’aumento per la perequazione automatica della pensione per l’anno 2023, calcolato ed erogato dall’Istituto, è manifestamente in contrasto con i princìpi fondamentali» richiamati più volte dalla stessa Corte costituzionale. Anche nel 2020, la Consulta aveva decretato che «la perequazione automatica delle pensioni deve essere volta a garantire nel tempo l’adeguatezza dei trattamenti e a salvaguardarne il valore reale al cospetto della pressione inflazionistica».
La Uilp è convinta che la Legge di bilancio 2023 non risponda a questa logica, e crei una perdita del potere d’acquisto definitiva, che si trascinerà nel tempo. La violato: ricevere una cifra mensile corrispondente al valore di quanto è stato pagato sotto forma di contributi in un’intera vita lavorativa.
La Legge di bilancio colpisce questi assegni adeguandone soltanto in parte il valore, rispetto all’inflazione. In particolare, l’adeguamento si limita:
platea degli interessati è molto vasta: riguarda circa 3,5 milioni di pensionati, cioè quelli che percepiscono un importo superiore aviolato: ricevere una cifra mensile corrispondente al valore di quanto è stato pagato sotto forma di contributi in un’intera vita lavorativa.
La Legge di bilancio colpisce questi assegni adeguandone soltanto in parte il valore, rispetto all’inflazione. In particolare, l’adeguamento si limita:-all’80% per le pensioni tra i 2.102 e i 2.627 euro lordi mensili;- -al 55% per le pensioni tra 2.627 e i 3.152 euro lordi mensili;
- -al 50% per le pensioni tra i 3.152 e i 4.203 euro lordi mensili;
- -al 40% per le pensioni tra i 3.4.203 e i 5.254 euro lordi mensili:
- -al 35% per gli importi superiori.
Ma c’è anche una seconda penalizzazione: la perequazione infatti viene calcolata sull’intero reddito pensionistico, e non in base agli scaglioni. Il risultato è che un pensionato che fino a oggi ha percepito un assegno tra 3.152 e 4.203 euro lordi mensili se ne vedrà rivalutato l’importo soltanto di metà. Quindi, davanti a un’inflazione che oggi viaggia al 6-7%, la Uilp stima che un pensionato che percepisce 3.600 euro lordi mensili alla fine dell’anno ne perderà oltre 1.427. E si tratta di una perdita perenne, aggiunge il sindacato. Per questo, l’unica via è rivolgersi ai tribunali. E poi, quando le cause saranno incardinate, ai giudici costituzionali.