In pensione a 67 anni: su cosa si discute e perché
Le pressioni di sindacati e partiti per eliminare il legame automatico tra le aspettative di vita della popolazione e l’età di ritiro dal lavoro
“Bisogna trovare un giusto equilibrio”. Con queste parole il segretario del Pd, Matteo Renzi, intervenuto alla trasmissione Porta a Porta, si è unito al coro di chi vuole bloccare il previsto l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, stabilito per legge a partire dal 2019.
Renzi ha fatto alcune precisazioni, dicendo di essere favorevole a fermare l’età del pensionamento ma di voler trovare anche delle misure alternative per mantenere in ordine i conti del sistema previdenziale.
A parte i dettagli però, la sostanza non cambia: anche il leader del partito di maggioranza relativa si è schierato dalla parte dei sindacati e di diversi parlamentari che da mesi lavorano per evitare che l’età pensionabile raggiunga fra poco più di 12 mesi la soglia dei 67 anni.
Adeguamenti automatici
Per legge, infatti, l’età pensionabile in Italia viene periodicamente adeguata alle aspettative di vita della popolazione certificate dall’Istat, che fortunatamente crescono grazie anche ai progressi della medicina.
Proprio l’altro giorno, l’istituto nazionale di statistica ha comunicato che nel 2017 le aspettative di vita dei cittadini con 65 anni di età sono cresciute di altri 5 mesi rispetto al 2013, raggiungendo i 20,7 anni.
Di conseguenza, anche l’età della pensione di vecchiaia, oggi fissata a 66 anni e 7 mesi, deve muoversi nella stessa direzione e salire almeno a 67 anni. Questo dice la legge e questo deve fare l’Inps, a cui spetta il compito di seguire le regole alla lettera.
Ape e pensioni anticipate
Va precisato, tuttavia, che si tratta dei requisiti per avere la pensione di vecchiaia, cioè l’assegno previdenziale che i lavoratori maturano una volta superata una determinata soglia di età, indipendentemente dai contributi versati (purché vi sia un’anzianità di carriera minima di almeno 20 anni).
Non stiamo parlando dunque di altre forme di pensionamento che esistono in Italia e che danno la possibilità di mettersi a riposo molto prima di aver compiuto 67 anni. Chi per esempio accumula 41 o 42 anni e mezzo di contributi può ritirarsi dal lavoro indipendentemente dall’età anagrafica (pensione anticipata). Inoltre, in Italia sta per partire (seppur con molte difficoltà) l’anticipo pensionistico (Ape) introdotto dal governo Renzi, che consente di terminare la carriera a a 63 anni.
Più di 140 miliardi di costi
Se l’adeguamento alle aspettative di vita non verrà bloccato e se gli italiani diventeranno un popolo sempre più longevo, vi saranno altri innalzamenti dell’età pensionabile in futuro: nel 2021 si arriverà a 67 anni e 3 mesi, fino a toccare i 70 anni dopo il 2050.
Ora però, le pressioni per fermare questi rialzi della soglia di accesso alla pensione si fanno via via più forti. Arrivano dai sindacati, dal Partito Democratico e anche da altri parlamentari di area di centrodestra come Maurizio Sacconi.
Tutte queste iniziative, però, si dovranno confrontare con la fredda logica dei numeri. Secondo il presidente dell’Inps, Tito Boeri, il mancato adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita della popolazione farebbe crescere la spesa previdenziale dello Stato di oltre 140 miliardi di euro nell’arco dei prossimi 18 anni. Di fronte a queste cifre, si può trovare il giusto equilibrio come dice Renzi?
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