Pensioni anticipate a 63 anni: le cose da sapere
Pro e contro dell'uscita dal lavoro prima del previsto, in base alle nuove regole studiate dal governo Renzi
La riforma delle pensioni del governo Renzi, l'ennesima approvata in Italia, sta prendendo corpo. In realtà, più che una vera e propria riforma, sarà un semplice correttivo della Legge Fornero, per consentire ai lavoratori di mettersi a riposo tra i 63 e il 65 anni, cioè fino a tre anni prima rispetto ai requisiti di età previsti oggi dalla Legge Fornero. Ma ecco, di seguito, alcune cose da sapere per capire in cambiamenti in arrivo in materia di previdenza, che scatteranno a partire dal maggio 2017.
Chi potrà ritirarsi prima
La possibilità di ritirarsi dal lavoro sarà riservata probabilmente a tutti coloro che sono nati tra il 1951 e il 1954 e che il prossimo anno oltrepasseranno la soglia dei 63 anni. Chi rispetta questi requisiti avrà dunque l'opportunità di anticipare, fino a un massimo di 3 anni e 7 mesi, la soglia di pensionamento prevista oggi dalla legge Fornero (66 anni e 7 mesi).
Il prestito previdenziale
Il pensionamento anticipato sarà possibile grazie al ricorso a un prestito previdenziale. In pratica, un istituto di credito verserà al pensionato gli assegni di pensione che gli spettano prima di aver compiuto i 66 anni e 7 mesi. Come contropartita. nell'arco di 20 anni, lo stesso pensionato dovrà restituire a rate quanto incassato come anticipo (come fosse un piccolo mutuo) attraverso una trattenuta sugli assegni ricevuti dall'Inps.
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Anticipo su misura
L'anticipo sarà su misura. In pratica, il futuro pensionato potrà scegliere se farsi liquidare il 100% degli assegni Inps che gli spettano tra 63 e 66 anni o se farsi pagare invece una somma parziale. In quest'ultimo caso, la cifra da restituire sarà ovviamente più bassa.
Tutto attraverso l'Inps
Il prestito pensionistico verrà erogato direttamente dall'Inps (attraverso delle convenzioni con le banche) senza che il pensionato debba rivolgersi personalmente all'istituto di credito. Chi vuole ritirarsi dal lavoro prima del previsto, dunque, dovrà presentare un'apposita domanda all'istituto della previdenza, che verificherà i requisiti e calcolerà l'importo dell'assegno spettante, sulla base dei contributi versati.
Quanto si perde sull'assegno
Non è ancora ben chiara l'entità della penalizzazione sull'assegno prevista per chi si ritira prima dal lavoro. In teoria, per riestituire interamente il prestito previdenziale, i futuri pensionati devono sborsare una somma compresa tra il 5 e il 18% dell'assegno mensile lordo che ricevono dall'Inps. Il taglio massimo è a carico di chi si ritira tre anni e 7 mesi prima del previsto. Quello minimo ci sarà invece per chi va in pensione sono con un anno di anticipo. Per attenuare i tagli e contenerli entro il 5%, il governo sembra intenzionato a introdurre delle detrazioni per i pensionati, almeno per quelli che guadagnano meno (si veda il paragafo successivo).
Sostegno ai più poveri
Per ridurre (o addirittura azzerare) l'impatto delle rate del prestito previdenziale, il governo sembra intenzionato a introdurre delle detrazioni fiscali o altre agevolazioni per i lavoratori che si trovano in una situazione di difficoltà, per esempio sono disoccupati o hanno comunque maturato un assegno Inps basso, inferiore a 1.350 euro lordi mensili (purché abbiano almeno 30 anni di contribuzione alle spalle).