Pensioni d'oro e d'argento: quanti sono e quanto costano gli assegni che Giovannini vuol tagliare
Il ministro del lavoro propone nuovi interventi sugli assegni Inps più alti. Ma, se vuole raccogliere un po' di soldi, deve colpire anche quelli medi
Non colpire soltanto le pensioni d'oro, ma anche quelle d'argento, cioè gli assegni Inps di importo medio-alto. E' l'idea ventilata in un'intervista al Sole24Ore dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini , che prospetta alla lontana nuovi interventi sul sistema previdenziale. Le pensioni molto elevate, superiori a 20mila euro al mese, in Italia fanno scandalo e suscitano proteste ma, alla fine dei conti, sono in realtà pochissime. Anche se si riuscisse a tagliarle (nonostante la recente sentenza contraria della Corte Costituzionale) le risorse rastrellate dal governo sarebbero assai ridotte. La situazione però cambierebbe, secondo Giovannini, se invece vi fosse un intervento anche sulle pensioni d'argento, cioè sulle rendite medio-alte e non soltanto su quelle d'oro.
PENSIONI D'ORO: I PIANI DEL GOVERNO PER TAGLIARLE
Al momento, tuttavia, il ministro non si sbottona più di tanto. Avanza soltanto delle ipotesi di tagli senza preannunciare provvedimenti ben precisi. Anche perché, sottolinea Giovannini, in realtà “non abbiamo alcuna definizione esatta di pensioni d'oro e pensioni d'argento”. Il criterio per individuarle, insomma, è ancora abbastanza opinabile.
PENSIONI D'ORO E PENSIONI DA FAME
Se si verificherà un eventuale intervento sulle rendite medio-alte, però, il punto di partenza per attuarlo sarà di sicuro l'analisi delle statistiche pubblicate ogni anno dall'Inps assieme all'Istat (di cui Giovannini è stato presidente fino a qualche mese fa). Si tratta del Rapporto sui trattamenti pensionistici e i beneficiari, in cui gli assegni erogati ogni anno dall'ente di previdenza vengono suddivisi per classi di importo. Secondo i dati Inps-Istat, gran parte dei pensionati italiani guadagna poco. Oltre la metà delle donne e circa il 33% degli uomini, per esempio, incassano una rendita inferiore a mille euro lordi mensili. C'è però una minoranza di anziani, per lo più maschi, che percepisce ogni mese un assegno superiore ai 3mila euro lordi. Si tratta in totale di circa 860mila persone (di cui tre quarti è rappresentato da uomini e meno di un quarto da donne), corrispondenti ad appena il 5% circa dell'intera platea di oltre 16 milioni di pensionati.
Dunque, se il governo vorrà mettere le mani in tasca ai cosiddetti pensionati d'argento, è probabile che debba andare a pescare proprio lì, tra quelli che guadagnano più di 3mila euro lordi e che costano ogni anno alle casse dello stato oltre 45 miliardi di euro (corrispondenti a quasi il 17% dell'intera spesa pensionistica italiana). Per l'esecutivo guidato da Enrico Letta non sarà però facile riuscire a portare a termine questa operazione (ammesso che lo voglia). Il reddito medio annuo di questi pensionati d'argento, sempre secondo le statistiche, è infatti attorno ai 50mila euro annui che si abbassa però in maniera consistente, una volta sottratte le imposte. In altre parole, al netto delle tasse un assegno sopra i 3mila euro lordi scende spesso al di sotto del 2.500 euro. Non si tratta dunque di redditi da nababbi e un eventuale loro taglio rischierebbe di provocare una “mezza rivolta” sociale.
E' dunque più probabile che il governo decida di muoversi secondo la direzione già prospettata nelle scorse settimane dal sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell'Aringa. Invece di abbassare le pensioni d'oro o d'argento in maniera indiscriminata, l'esecutivo potrebbe non rivalutarle più in base all'inflazione. Inoltre, si è fatta strada anche l'ipotesi che vengano messi in cantiere dei tagli mirati, a danno soprattutto di chi riceve una rendita Inps medio-alta, sproporzionata rispetto ai contributi versati e maturata con il vecchio metodo retributivo, cioè calcolata esclusivamente in base alla media degli ultimi stipendi dichiarati prima di mettersi a riposo.
PENSIONI D'ORO. VIETATO TAGLIARLE