Pensioni, come cambieranno (forse) nel 2016
Il governo studia delle uscite dal lavoro a 60 anni, in anticipo rispetto a quelle previste dalla legge Fornero. Ma le proposte ci sono già in Parlamento
In pensione attorno all'età di 60 anni, prima di quanto prevede oggi al legge Fornero. E' la possibilità che potrebbe essere concessa dal prossimo anno a milioni di lavoratori italiani, secondo quanto ha dichiarato ieri il premier Matteo Renzi, durante la trasmissione televisiva Porta a Porta. Chi vuole mettersi a riposo in anticipo, però, per Renzi dovrà accettare una penalizzazione sull'importo dell'assegno. Di quanto sarà il taglio? Di poche decine di euro al mese, almeno a sentire il presidente del consiglio, che tuttavia non ha scoperto ancora le carte sulle ipotesi allo studio da parte dell'esecutivo. Per avere una risposta, bisognerà attendere la Legge di Stabilità per il 2016, che verrà approvata in autunno.
Pensioni: si studia l'uscita anticipata
Per capire quali scenari potrebbero aprirsi in futuro, occorre fare qualche premessa. Oggi, secondo la legge Fornero, esistono due categorie di pensioni. Le prime sono quelle di vecchiaia, a cui si accederà nel 2016 una volta varcata la soglia dei 66 anni e 7 mesi di età. Le donne con la partita iva e le dipendenti del settore privato possono ancora ritirarsi un po' prima ma, dal 2018 in poi, dovranno rispettare gli stessi requisiti degli uomini. Oltre alle pensioni di vecchiaia, secondo le regole della legge Fornero, esiste anche il pensionamento anticipato, che nel 2016 si otterrà dopo aver accumulato 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), indipendentemente dall'età.
Pensioni, chi avrà i rimborsi e chi no
Già dal 2013, sono state avanzate diverse proposte di legge bipartisan per rendere più flessibile la riforma Fornero e consentire ai lavoratori di mettersi a riposo un po' prima. A portare avanti queste iniziative c'è in prima fila Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera e deputato della minoranza del Pd. Il testo presentato da Damiano, che poi è stato unificato con quelli proposti da altri parlamentari di quasi tutti gli schieramenti, prevede la possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e 35 anni di contributi o con 41 anni di carriera, indipendentemente dall'età. Chi sceglie un soglia di uscita anticipata, però, subisce una penalizzazione sull'assegno pari al 2% per ogni anno che precede all'anagrafe il compimento del 66esimo. Esempio: chi si mette a riposo a 62 anni subisce un taglio dell'8% mentre chi va in pensione a 63 anni riceve invece una decurtazione del 6% sulla pensione piena. Contemporaneamente, è previsto anche un sistema di bonus per chi si congeda dal lavoro dopo i 66 anni, che si vedrà aumentato l'assegno di due punti percentuali per ogni anno in più di attività. Esempio: chi va in pensione a 70 anni, beneficerà di una maggiorazione dell'8% sull'assegno.
Pensioni: cosa succede dopo la bocciatura della Fornero
Non è ancora chiaro se il governo seguirà lo stesso schema disegnato da Damiano per modificare la riforma Fornero. E' probabile, però, che le soluzioni adottate non si discosteranno molto da queste proposte presentate in Parlamento, che si basano proprio sulla stessa logica a cui ha fatto cenno il premier: un meccanismo di penalizzazioni per chi va in pensione prima del previsto. Di fronte a tutte queste ipotesi, però, resta un'incognita da risolvere e riguarda le coperture finanziarie. Secondo le stime dell'Inps, infatti, le proposte avanzate in Parlamento per modificare la legge Fornero costerebbero circa 45 miliardi in un decennio. Si tratta di una cifra tutt'altro che trascurabile, capace di vanificare oltre la metà dei risparmi di 80 miliardi in dieci anni, portati in dote dalla stessa legge Fornero. Spetta ora al governo sbrogliare il bandolo della matassa.