Pensioni, cosa cambia con la riforma Boeri
VItalizi, tagli agli assegni pensionistici più alti, separazione tra assistenza e previdenza: ecco i nodi della bozza di riforma del presidente Inps
L’ambizione del presidente dell'Inps Tito Boeri è quella di guarire dalla "malattia dell'ultima sigaretta" da cui sembrano essere afflitte le interminabili riforme del nostro sistema previdenziale. La citazione presa da La Coscienza di Zeno nella Relazione annuale dell'ente presentata al Parlamento non è casuale: l'economista bocconiano la utilizzò undici anni fa, per criticare l'allora riforma delle pensioni firmata dal duo Tremonti – Maroni in un intervento comparso sul blog lavoce.info di cui Boeri è stato un vivace animatore.
Il titolo del post di allora era appunto "La riforma delle pensioni e la malattia dell'ultima sigaretta", l'ennesima riforma, scriveva Boeri, che "poteva essere l'ultima della serie, ma non lo sarà". Dal 2004 di passi ne sono stati fatti pochi, secondo Boeri. Ma l'interrogativo si potrebbe rispedire al mittente, il quale, tuttavia, con ambizione e sicurezza, ha illustrato mercoledì una bozza di riforma che consisterà in "una serie di aggiustamenti ben calibrati" che "possono permetterci di non dover più intervenire in futuro, dando finalmente stabilità normativa, sicurezze ai contribuenti e ai pensionati".
Proposte formulate, ha detto Boeri, "non per esigenze di cassa, ma ricercando maggiore equità, tanto fra generazioni diverse che all’interno di ciascuna generazione". Ma cosa cambierà, se il governo decidesse di far suo il piano del presidente Inps? Proviamo a spiegarlo in cinque punti.
La questione degli over 55
Uno dei chiodi fissi di Boeri è il reddito minimo garantito, che ancora manca nel nostro Paese. L'assegno pubblico potrebbe aiutare gli over 55 disoccupati a uscire dalla povertà: sopra questa fascia di età, stando alle stime Inps, è molto difficile trovare un impiego alternativo, tanto che solo uno su dieci ci riesce.
Per trovare le risorse, però, Boeri propone di separare una volta per tutte assistenza e previdenza nei nostri conti previdenziali. Ad oggi, Inps, infatti, a differenza di quanto accade in Europa, è il gestore della quasi totalità del sistema previdenziale, delle prestazioni di sostegno del reddito e di molte delle prestazioni a carattere assistenziale, assorbendo peraltro su di sé un'articolata e complessa offerta di servizi e prestazioni, che nella maggior parte dei paesi europei è affidata a una pluralità di istituti.
L'assistenza, secondo Boeri, deve essere finanziata con la fiscalità generale mentre "la previdenza è una prestazione assicurativa, che prevede trasferimenti tra generazioni diverse, e che garantisce diritti proporzionati ai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa".
Regimi diversi e gestione separata
Con il pagamento di tutte le pensioni al primo del mese, l'Italia ha fatto un primo passo importante nella direzione dell’unificazione dei trattamenti pensionistici. Da giugno, inoltre, esiste il "giorno delle pensioni". Boeri, però, vorrebbe permettere ai lavoratori di unificare la pensione tra regimi diversi (compresa la gestione separata), senza oneri aggiuntivi: ogni 3 pensionati oggi vengono messe in pagamento mediamente 4 pensioni. L'Inps eroga 21 milioni di prestazioni pensionistiche a circa 15 milioni di pensionati.
Fondi speciali e vitalizi dei parlamentari
Per ridurre le forti asimmetrie nei trattamenti previdenziali concessi a diverse categorie di pensionati, che tuttavia non sono fondate su diversi livelli contributivi, Boeri punta a una maggiore armonizzazione. Negli ultimi anni, molti fondi speciali sono confluiti nell’Inps con bilanci già in rosso e avendo già eroso il loro patrimonio, finendo per gravare pesantemente sul bilancio dell’Istituto (nel 2014 il rosso è di 12,7 miliardi di euro).
Poi c'è la questione dei vitalizi ai parlamentari che andrebbero tagliati: Camera e Senato dovrebbero rendere al più presto pubbliche le regole che storicamente sono state alla base della concessione di questi benefici per valutare i tassi di rendimento implicitamente offerti a deputati e senatori, comparandoli col trattamento riservato invece agli altri lavoratori. I vitalizi, ha sottolineato Boeri, sono "vere e proprie pensioni, sottratte alle riforme previdenziali degli ultimi 25 anni".
Pensioni più alte: tagli in vista
Come annunciato da mesi, Boeri vorrebbe più trasparenza sulle gestioni speciali, mentre ai pensionati più ricchi, in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati del domani, chiede "un contributo al finanziamento di uscite verso le pensioni più flessibili", aiutando quelle generazioni di lavoratori che hanno avuto la sfortuna di imbattersi nella crisi sul finire della propria carriera lavorativa: è il taglio che ha messo sul chi va là migliaia di pensionati italiani negli scorsi mesi. Anche questa volta, però, Boeri non ha detto di più su cosa intenda per pensioni alte. E cioè da quale soglia verrà applicato il prelievo a sostegno dei pensionati più svantaggiati.
Pensioni anticipate
Il sistema contributivo consente una certa flessibilità in uscita: chi va in pensione prima, ovviamente deve spalmare i contributi accumulati durante la vita lavorativa su molti più mesi di chi va in pensione più tardi. A parità di montante, ogni anno in meno di lavoro comporta quindi una riduzione di questi pagamenti mensili, tenendo conto della demografia e dell’andamento dell’economia. Flessibilità in uscita che comunque non significa estendere il metodo contributivo su tutti gi anni di lavoro anche per chi ha una parte del montante calcolata con il retributivo.
La riforma Fornero, infatti, consente di andare in pensione a qualsiasi età, purché in possesso di determinati requisiti di anzianità contributiva (42 anni e 6 mesi per gi uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne), ma ha previsto un meccanismo di disincentivazione, per scoraggiare l'accesso troppo anticipato e cioè una riduzione che si applica solo sulla quota di trattamento calcolata con il sistema retributivo: sono esclusi dalla decurtazione, invece, coloro che hanno la pensione calcolata con il sistema contributivo (entrati nel mondo del lavoro dal primo gennaio 1996).
Boeri, che non ha fornito ulteriori dettagli in merito, si è limitato a dire che la sua proposta introduce una flessibilità sostenibile, che non grava sulle generazioni future, perché non porta ad aumentare il debito pensionistico, ma che sarà finanziato in parte anche dal contributo chiesto alle pensioni d'oro. La rivoluzione di Boeri no piace però ai sindacati: secondo il leader della Cgil, Susanna Camusso, il rischio è di abbassare le pensioni più povere del 30%.