Le migliori pensioni del mondo? Secondo una ricerca del gruppo assicurativo Mercer sono indiscutibilmente quelle della Danimarca. Seguono un po’ distanziate altre nazioni del Nord Europa come l’Olanda e la Svezia, affiancate Svizzera, Cile, Regno Unito, Australia, Canada e Singapore. Tutti i sistemi pensionistici di questi paesi riescono a coniugare assieme adeguatezza e sostenibilità, cioè garantiscono agli anziani delle rendite abbastanza cospicue o più che dignitose, senza però gravare in maniera esagerata sui conti pubblici, anche in una prospettiva di medio e lungo termine.
PENSIONI: COSA CAMBIA DAL 2014
La ricerca di Mercer non ha preso in esame l’Italia ma, se lo avesse fatto, avrebbe probabilmente posizionato il nostro paese nella parte medio-alta della classifica, cioè tra le nazioni che hanno bisogno di qualche aggiustamento, pur avendo un sistema previdenziale abbastanza sostenibile ed efficiente nel lungo periodo. A dirlo sono gli esperti di Assoprevidenza che ha presentato l’indagine di Mercer in una conferenza organizzata a Roma, assieme allo Studio Orrù & Associati e al fondo pensioni del personale di Bnl/Bnp Paribas.
IL MODELLO DANESE
Ma quali sono i pregi modello danese , tali da renderlo migliore di tutti gli altri? Come spiega nel dettaglio un documento realizzato dall’ambasciata italiana di Copenaghen, il sistema previdenziale adottato dalla Danimarca si basa su tre-quattro pilastri che hanno sostanzialmente lo scopo di conciliare meriti e bisogni, cioè di assicurare a tutti una vecchiaia dignitosa ma anche di premiare chi ha lavorato di più e ha versato maggiori contributi.
L’ASSEGNO DI BASE
Il primo pilastro è rappresentato da una pensione di base (Folkepension), finanziata dalle tasse e corrisposta a tutti i contribuenti, in proporzione agli anni trascorsi nel paese come residente (con un minimo di 3 anni per danesi e di 10 anni per i non danesi). Per avere l’assegno pieno, bisogna aver accumulato almeno quarant’anni di residenza entro i confini nazionali, nella fascia di età compresa tra 15 e 65 anni. Chi ha trascorso in Danimarca un periodo di tempo inferiore, riceverà invece un assegno più basso. L’ammontare massimo della Folkepension è di circa 16.500 euro lordi annui per ogni persona, che scendono a poco più di 12mila euro per chi è sposato e vive con un coniuge.
IL SECONDO PILASTRO PUBBLICO
Oltre al trattamento previdenziale di base, esiste poi un secondo pilastro pensionistico obbligatorio contributivo che è riservato a chi lavora più di 9 ore a settimana e che si divide a sua volta in due parti. La prima è rappresentata dall’Atp, che impone a tutti di destinare alla pensione circa l’1% del salario, pagato per due terzi dal datore di lavoro e per un terzo dal dipendente. A questo, si aggiunge lo Special Pension (Sp), che prevede il versamento di un ulteriore contributo pari all’1% dello stipendio, tutto a carico del lavoratore.
LE PENSIONI DI CATEGORIA E QUELLE PRIVATE
Il terzo pilastro previdenziale pubblico danese è rappresentato da un sistema pensionistico collettivo che dipende dal settore in cui è impiegato il lavoratore e che funziona secondo dei meccanismi negoziati dalle aziende e dai sindacati. Nelle imprese private, per esempio, gli operai versano un contributo pari al 9% della retribuzione, che sale al 15% per gli impiegati. I dipendenti pubblici, invece, sono soggetti a una contribuzione del 12% sul salario. Tutti i versamenti sono per un terzo a carico del lavoratore e per due terzi a carico dell’impresa (un po’ come in Italia, dove le aliquote sono però molto più alte e superano 33%). Infine, non va dimenticato che in Danimarca sono molto sviluppati i fondi pensione privati, con cui è possibile costruirsi una rendita integrativa, in vista della terza età. In totale, il patrimonio oggi gestito dai fondi della previdenza complementare danesi è attorno al 50% del Pil contro il 7% circa dell’Italia.