Pensioni da fame, pensioni d'oro e pensioni-baby. Tutte le contraddizioni della previdenza italiana
Oltre 7 milioni di ex-lavoratori a riposo ricevono dall'Inps una rendita inferiore a mille euro. Ma c'è chi guadagna troppo o chi si è ritirato troppo presto
Circa il 44% dei pensionati italiani, per un totale di oltre 7 milioni di persone, riceve dall'Inps un assegno che non arriva a mille euro al mese (e che, nel 13% dei casi, non supera neppure i 500 euro). E' il dato reso noto oggi dall'Istat, che ha pubblicato il consueto Rapporto sui trattamenti pensionistici dei nostri connazionali, redatto in collaborazione con l'Inps .
I numeri dell'istituto nazionale di statistica (aggiornati al 2011) non sono una grande novità: erano più o meno gli stessi nel 2010, e anche nel 2009 o negli anni precedenti. Ma le cifre sono ugualmente rimbalzate alla velocità della luce sulle agenzie di stampa, mettendo in evidenza una realtà che molti italiani conoscono già bene: nel nostro paese, tantissime persone sono costrette a campare con una pensione da fame e fanno fatica a tirare a fine mese.
Eppure, sempre secondo i dati Istat-Inps, la spesa previdenziale italiana non è proprio ridotta all'osso: nel 2011, si è attestata attorno al 15% del Pil, per un totale di oltre 265 miliardi di euro (in crescita del 2,95% rispetto all'anno precedente, in attesa di valutare gli effetti della riforma Fornero del 2012).
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E allora, viene da chiedersi, perché i pensionati italiani guadagnano così poco se l'Inps spende invece così tanto? Per trovare una risposta, basta analizzare un po' più nel dettaglio i dati sulle classi di età e di reddito dei pensionati italiani.
Mentre 7 milioni di nostri connazionali tirano avanti con meno di mille euro al mese, ci sono infatti circa 740mila pensionati (dati aggiornati al 2010) che ricevono dall'Inps un assegno di oltre 3mila euro ogni 30 giorni e che costano alle casse pubbliche ben 40 miliardi di euro. Tutte queste persone (che rappresentano meno del 5% dei pensionati italiani) assorbono da sole oltre il 15% dell'intera spesa previdenziale e più del 20% di quella necessaria per pagare i trattamenti di anzianità e di vecchiaia. Certo, molti “pensionati d'oro” hanno anche versato parecchi soldi all'Inps nel corso della vita lavorativa. Ma è difficile credere che i loro assegni siano proporzionali alla contribuzione accantonata. Va ricordato, infatti, che le pensioni liquidate fino all'anno scorso erano calcolate con il vecchio metodo retributivo, cioè sulla media degli ultimi stipendi percepiti prima di mettersi a riposo e non sulla base dei contributi versati nel corso di tutta la carriera (come invece avverrà per i giovani assunti dal 1996 in poi).
Non va dimenticata, infine, un'altra particolarità del nostro sistema previdenziale: in Italia ci sono anche tanti pensionati-baby, che si sono messi a riposo molto presto. Sempre secondo i numeri dell'Istat, ci sono infatti più di 530mila ex-lavoratori con meno di 59 anni, che hanno già maturato l'assegno di anzianità o di vecchiaia e che assorbono da soli 12 miliardi di euro di spesa previdenziale. Tra queste persone, ben 44mila hanno addirittura meno di 54 anni e costano alle casse dello stato più di 1 miliardo di euro ogni 12 mesi. In media, i pensionati-baby ricevono un assegno tra i 22mila e i 25 mila euro all'anno, che corrispondono a 1.700-1.900 euro lordi ogni 30 giorni. Altro che mille euro al mese.
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