Pensioni, perché Renzi non cambia la legge Fornero
Accantonata dal governo l'ipotesi di rivedere l'ultima riforma previdenziale. Costerebbe troppo, cioè tra 2 e 8 miliardi di euro
Addio pensionamento più flessibile. La revisione della riforma Fornero non ci sarà, per una ragione molto semplice: il governo Renzi non ha abbastanza soldi a disposizione e, anche se li avesse, non sembra intenzionato a metterli sul piatto nel breve termine, cioè con la prossima Legge di Stabilità. Lo ha detto chiaro e tondo il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, rispondendo al question time che si è tenuto ieri alla Camera. Padoan ha parlato di “oneri rilevanti” per le casse dello Stato, generati da un'eventuale revisione della riforma Fornero, che rischierebbe di mettere a repentaglio la sostenibilità dell'intero sistema previdenziale.
Pensioni ed esodati, la lettera per Renzi
Sembrano dunque accantonate a data da destinarsi tutte le ipotesi di rendere più flessibile l'età di uscita dal lavoro che, per molti italiani, oggi è fissata sopra i 66 anni. Ma quanto costerebbe ammorbidire la tanto odiata riforma Fornero? La risposta dipende dall'eventuale soluzione adottata. In Parlamento, per esempio, c'è da tempo una proposta presentata da diversi deputati di entrambe gli schieramenti, con in prima fila Cesare Damiano, esponente del Pd e presidente della Commissione Lavoro alla Camera. Secondo la proposta-Damiano, si dovrebbe consentire ai lavoratori di andare il pensione con almeno 62 anni di età e 35 di contributi, introducendo però delle penalizzazioni per chi si mette a riposo prima dei 66 anni, cioè prima della soglia prevista oggi di regola dalla legge Fornero. Nello specifico, il taglio dell'assegno ammonta al 2%, per ogni anno che separa il pensionato dal compimento dei 66. Esempio: chi si ritira dopo “aver spento 62 candeline”, subisce una decurtazione dell'8% sulla pensione mensile, poiché anticipa il congedo dal lavoro di 4 anni, rispetto ai requisiti previsti dalla legge Fornero.
Quanto costa l'uscita flessibile
Nonostante le penalizzazioni e i disincentivi a mettersi in pensione in anticipo, la proposta Damiano è stata giudicata già troppo costosa. Secondo il presidente dell'Inps, Tito Boeri, l'onere per lo Stato potrebbe essere addirittura di 8,5 miliardi di euro all'anno, prendendo in esame lo scenario peggiore possibile, cioè ipotizzando che il pensionamento anticipato sia richiesto da tutti gli aventi diritto. Per questo, lo stesso Boeri ha avanzato una proposta alternativa per rivedere la legge Fornero. L'idea del presidente dell'Inps è di rendere più flessibile l'età del pensionamento, ma solo per chi accetta di ricevere un assegno calcolato interamente col metodo contributivo, cioè sulla base dei contributi versati nel corso di tutta la carriera. Si tratta di un sistema molto meno vantaggioso di quello ancora (parzialmente) in vigore per molti lavoratori, cioè il metodo retributivo, che lega invece l'importo della pensione alla media degli ultimi stipendi. Con il sistema contributivo, il settore previdenziale resta in equilibrio nel lungo periodo, poiché nessun pensionato riesce ad avere dall'Inps un assegno sproporzionato rispetto a quant versato nella carriera
Pensioni, così potrebbero cambiare ancora
Adottando la proposta di Boeri, la decurtazione degli assegni sarebbe però ben più consistente rispetto a quella generata invece dalla proposta Damiano. Secondo i calcoli esposti dall'economista Marcello Esposito, nel sito LaVoce.info, vi sarebbe un taglio della pensione di ben il 4-6% , per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia dei 66-67. Chi si ritira dal lavoro a 62 anni, per esempio, rischia di perdere fino al 25-30% sulla pensione piena. Nello stesso tempo, grazie a queste pesanti decurtazioni, l'onere per lo stato sarebbe molto più contenuto. Se per la proposta Damiano si è parlato di 8,5 miliardi di euro, in questo caso il costo per le casse pubbliche potrebbe essere invece nell'ordine di pochi miliardi, visto che i tagli alle pensioni previsti ammontano al doppio o al triplo. Che si tratti di 2 o 4 miliardi oppure di 8, la sostanza però non cambia: anche se la proposta di Boeri assicura l'equilibrio finanziario nel lungo periodo, nel breve termine comporta comunque un costo. Lo Stato si troverebbe infatti a pagare nuove pensioni a migliaia di lavoratori che, con le leggi attuali, sono invece costretti a rimanere in attività e a mantenersi da soli. Volenti o nolenti, insomma, per ammorbidire la riforma Fornero non vi sono soluzioni a costo zero come spera invece il premier Renzi. Ci vogliono un po' di soldi e il governo, per adesso, non sembra disposto a stanziare un centesimo sul capitolo pensioni.