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Ansa/Luigi Mistrulli
Economia

Pensioni più basse e al lavoro fino a 75 anni

Previsioni fosche disegnate dal presidente dell'Inps per le nuove generazioni: serviranno strumenti anti-povertà per chi perde l'occupazione prima

Tito Boeri, presidente dell'Inps è esplicito: nel futuro si dovrà lavorare più a lungo e si avranno pensioni più basse, e "molti dovranno lavorare fino a 75 anni".

Presentando uno studio su "Le pensioni minime di oggi e quelle di domani", Boeri ha spiegato che l'assegno previdenziale di una persona della classe 1980 sarà del 25% inferiore a quelle di oggi (classe 1945), tenendo conto degli anni di percezione e utilizzando lo scenario di crescita del Pil dell'1%.

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Se la crescita economica sarà inferiore all'1% e se vi saranno interruzioni della carriera, le pensioni dei giovani - ha avvertito Boeri - "avranno seri problemi di adeguatezza".

Chi non raggiunge le condizioni per la pensione, se cioè perderà il lavoro sotto i 70 anni, rischierà di non aver alcun reddito: occorre quindi "costruire strumenti" contro la povertà.

Le analisi dell'Ocse
La necessità di interventi è stata richiamata anche dall'Ocse, nel rapporto "Pensions at a Glance 2015": le riforme recenti - spiega lo studio - hanno aiutato a migliorare la sostenibilità finanziaria del sistema ma la spesa rimane comunque alta. Con il rapido invecchiamento in corso, si devono cercare delle soluzioni per poter dividere in modo più equo l'onere tra le generazioni.

Inoltre, c'è ancora molto da fare per assicurare la sostenibilità sociale delle pensioni in futuro.

"Anche se la normale età pensionabile raggiungerà i 67 nel 2019 sia per gli uomini e le donne e aumenterà automaticamente in linea con la speranza di vita a 65 anni di età dopo il 2018, la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico richiede ulteriori sforzi negli anni a venire".

Secondo l'Ocse nel breve periodo "ulteriori risorse sono necessarie per ridurre al minimo l'impatto della sentenza delle Corte Costituzionale", mentre nel medio-lungo periodo "è necessario stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani".

Nel raffronto internazionale l'Ocse nota che per gran parte dei dipendenti italiani del settore privato i contributi previdenziali sono i secondi più elevati dei paesi Ocse pari al 33% del salario (contro il 19,1%); la spesa pubblica per pensioni in percentuale del Pil è il 15,7%, il secondo più elevato livello tra i paesi Ocse (media 8,4%).

L'età effettiva di uscita dal mercato del lavoro rimane la quarta più bassa dell'Ocse e il tasso di occupazione per i lavoratori di età tra i 60 e i 64 anni è pari a circa il 26%, contro il 45% in media nell'Ocse.

"L'adeguatezza dei redditi pensionistici - avverte l'Ocse - può essere un problema per i futuri pensionati, nonostante l'elevata spesa pensionistica pubblica": "le condizioni di accesso al trattamento pensionistico (anzianità contributiva e pensione attesa minima) dovrebbero dunque essere migliorate". (AGI)

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Redazione Economia