Pensioni di reversibilità, cosa cambia se passa la riforma
Il ddl contro la povertà prevede una revisione dei trattamenti previdenziali ai vedovi e alle vedove legandoli all'isee. Ecco le possibili conseguenze
Un taglio alle pensioni di reversibilità, cioè agli assegni previdenziali corrisposti ai vedovi e alle vedove dopo la morte del coniuge oppure ai figli minorenni o ancora studenti. E' lo spettro che aleggia da qualche giorno dopo un allarme lanciato dal sindacato dei pensionati Spi Cgil, riguardo a una norma contenuta nel ddl contro la povertà. Si tratta di un breve articolo in base al quale le pensioni di reversibilità (solo quelle future e non quelle già in essere) potrebbero essere legate all'ammontare del reddito Isee. Che significa? Ecco, di seguito, una mini-guida per capire cosa potrebbe cambiare con questa riforma.
Il ddl contro la povertà
Con un apposito disegno di legge-delega presentato dal consiglio dei ministri a fine gennaio, il governo intende introdurre in Italia un trattamento economico a favore dei cittadini che si trovano sotto la soglia di povertà. Per farlo, ovviamente, c'è bisogno di stanziare nuove risorse o di modificare (magari tagliandoli) alcuni trattamenti già esistenti per legge. Infatti, l' articolo 1 del disegno di legge prevede una “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi”.
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Pensioni di reversibilità a rischio
La razionalizzazione di cui parla la norma esposta nel paragrafo precedente potrebbe dunque riguardare anche gli assegni di reversibilità, cioè quelli corrisposti ai superstiti di un pensionato o di un lavoratore defunto. Di conseguenza, il diritto a percepire il trattamento di reversibilità potrebbe essere legato all'Isee (indicatore della situazione economica equivalente). Si tratta di un parametro che misura la reale ricchezza dei cittadini tenendo conto di diversi fattori: non soltanto dei redditi da lavoro o da pensione ma anche dei risparmi messi da parte, degli immobili posseduti o del numero di persone componenti il nucleo familiare.
Com'è la situazione oggi
Oggi gli assegni di reversibilità sono un diritto che spetta per legge (con importi variabili) ai coniugi superstiti del defunto ma anche ai figli minorenni o studenti (fino al termine dell'università, purché non siano fuori corso). In alcuni casi, l'assegno di reversibilità spetta anche ai genitori o a eventuali fratelli invalidi, se erano a carico del pensionato defunto. Già oggi, però, la pensione di reversibilità può essere tagliata (di una quota tra il 25 e il 50% dell'importo iniziale) se il beneficiario possiede altri redditi. A introdurre questa norma fu nel 1995 il governo Dini.
Come potrebbe essere domani
Se l'importo della pensione di reversibilità verrà legato all'ammontare dell'Isee, l'assegno (pieno o decurtato che sia) non sarà più un diritto inalienabile del superstite ma dipenderà dalla sua situazione economica. Questo, almeno, è ciò che teme il sindacato che paventa un rischio: se per esempio una vedova ha un po' di risparmi da parte e convive in una casa di proprietà con un figlio che già lavora, potrebbe perdere il diritto alla pensione di reversibilità (o subire comunque pesanti penalizzazioni) perché ha un reddito isee troppo alto. Va ricordato, però, che questa norma scatterebbe solo per gli assegni di reversibilità futuri (circa 180mila ogni anno) e non per quelli già in essere.
Il governo nega
Di fronte alla presa di posizione del sindacato e alla lunga sfilza di reazioni del mondo politico, il governo ha gettato subito acqua sul fuoco, facendo presente che non c'è nulla di definitivo. “Se saranno adottati interventi di razionalizzazione, lo scopo sarà solo quello di evitare sprechi e e duplicazioni, non per quello di fare cassa” ha fatto sapere Palazzo Chigi, per smorzare la valanga di polemiche che cresce di ora in ora su questo tema.