Perché il progresso non frena la domanda di materie prime
Malgrado lo sviluppo tecnologico, il fabbisogno di risorse necessarie alle produzioni di beni di consumo continua ad aumentare
Fra le grandi promesse del progresso tecnologico ce n’è anche una che riguarda lo sfruttamento dei materiali. La ricerca, la miniaturizzazione, gli sviluppi sulle scienze dei materiali - questo è il ritornello che ci ha spesso accompagnato in questi ultimi anni - ci aiuteranno a limitare, se non addirittura a rinunciare, a tutte quelle risorse che fino ad oggi sono state essenziali per le nostre produzioni. Metalli, innanzitutto, ma non solo.
I tempi per quella che viene spesso definita come dematerializzazione sono però tutt’altro che maturi. Secondo una ricerca condotta dal MIT (Massachissets Institute of Technology), lo sfruttamento dei principali materiali utilizzati nell'industria moderna non accenna a decrescere. Per oltre 50 componenti chiave impiegati in oggetti di largo consumo - dall’alluminio alla formaldeide, dall'ammoniaca all'energia eolica - il prelievo continua a mostrare un chiaro trend in crescita.
Il curioso caso dei semiconduttori
Il caso più evidente, e per certi versi paradossale, è quello del silicio. Malgrado i netti miglioramenti nello sviluppo dei semiconduttori, che hanno portato a una riduzione drastica dell’impiego di materiale per singolo transistor, la domanda è aumentata del 345 per cento negli ultimi 40 anni.
Il motivo è da ricercare in quello che viene spesso indicato come il paradosso di Jevons, in omaggio all’economista che a metà dell’Ottocento studiò l’andamento del consumo di carbone nel tempo. Se è vero che le nuove tecnologie migliorano lo sfruttamento dei materiali, ci dice l'esperienza, d’altro canto ne abbassano i costi di gestione e utilizzo, e questo si traduce in un cambiamento delle dinamiche di domanda e offerta.
L’appetito vien mangiando, verrebbe da dire: più si abbassano i costi di produzione, maggiore sarà la richiesta di quel bene. "La tecnologia corre", ammette Christopher Magee, docente di ingegneria applicata del MIT, "ma in realtà oggi si utilizza più silicio di ieri, dal momento che lo si usa per metterci sopra molte più cose: film, foto, e contenuti che fino a 20 anni fa non potevamo nemmeno pensare".
Le eccezioni? Poche e discutibili
A dire il vero, qualche dato in controtendenza ci sarebbe, ma si tratta nella maggior parte dei casi di materiali divenuti desueti per via di una composizione chimica ritenuta dubbia, se non addirittura tossica.
L’unico caso da prendere in considerazione è quello della lana, ma, spiegano gli esperti, non si tratta di effettiva dematerializzazione, bensì di sostituzione: il calo, in parole povere, è stato dettato in questo caso dall'impiego sempre più massiccio delle alternative sintetiche (nylon e poliestere su tutti) e non da fattori endogeni.
Significa dunque che dobbiamo rassegnarci a un progressivo impoverimento del Pianeta? Non è detto. Secondo J. Doyne Farmer, professore di matematica presso l'Università di Oxford, la tecnologia dovrà necessariamente condurci a un utilizzo più sostenibile delle risorse, non solo perché ne abbiamo bisogno, ma perché le risorse sono limitate. Il problema, semmai, è un altro: capire se saremo in grado di arrivare alla sostenibilità senza compromessi. E quanto, nel caso, questi peseranno sulle nostre abitudini.
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