Perché i titoli di stato italiani sono (di nuovo) a rischio
GIUSEPPE GIGLIA/ANSA
Economia

Perché i titoli di stato italiani sono (di nuovo) a rischio

Ecco cosa pensano i mercati del programma Lega – M5S: non è realistico e verrà addolcito. Oppure porterà al dissesto economico

L'Italia non piace più o (meglio) piace sempre meno agli investitori internazionali. Lo spread tra Btp e Bund ha sfiorato i 200 punti base nei giorni scorsi, mentre il rendimento del decennale è tornato al 2,4%, ai livelli di marzo 2017, quando gli investitori temevano una vittoria di Marine Le Pen in Francia che aveva promesso l'uscita del paese transalpino dall'Europa.

A preoccupare i mercati in queste settimane, invece, è il programma di governo di Lega – M5S. Due le interpretazioni date dagli investitori. La prima: non è realistico e verrà addolcito. La seconda: porterà il Paese verso il dissesto economico. Come stanno reagendo gli operatori di mercato?

Nell'occhio del ciclone

"L'unica scommessa sicura da qui ai prossimi mesi è andare short sui Btp (puntare sul ribasso dei titoli di stato italiani, ndr)" dice Massimo Siano, responsabile per il Sud Europa di ETF Securities. Siano vive a Londra e non è il solo a pensarla così nella City. Il titolo della rubrica Alphaville del Financial Times di lunedì 21 maggio dice più o meno le stesse cose: "Sell Italy, buy euro", vendi Italia e compra euro.

L'Italia, insomma, è tornata a essere considerata un rischio sui mercati. Perché? "Quando si è parte di un sistema interconnesso, come è il caso dell’Italia nei confronti della Ue, trovarsi nelle posizione di essere percepiti come la componente più problematica del gruppo di riferimento non è mai positivo. Il vostro paese si trova al momento in questa scomoda posizione" spiega Richard Flax, capo investimenti del robo-advisor Moneyfarm.

La fine del QE

Ora che si avvicina la fine del quantitative easing della Bce, gli investitori infatti torneranno a guardare i fondamentali, cioè il livello di disciplina fiscale che il governo saprà garantire e i rapporti con Bruxelles. Per quale motivo? "Quelle dei mercati non sono valutazioni di tipo politico, è importante sottolinearlo. Gli operatori finanziari non hanno interesse a valutare un'agenda piuttosto che un’altra, o a penalizzare alcuni partiti, come spesso viene lasciato intendere. La prova risiede nel fatto che negli ultimi due mesi lo spread è rimasto fermo, a dispetto del risultato elettorale" prosegue Flax.

Gli investitori (grandi o piccoli che siano) hanno difatti un solo interesse: valutare e scambiare i titoli finanziari, valutandone correttamente i rischi. L'Italia ha bisogno di piazzare ogni anno miliardi di euro di bond per sostenere un debito pubblico che vale oltre il 130% del prodotto interno lordo: sono centinaia di miliardi che servono, in gran parte, a pagare gli interessi ai creditori dello Stato, che sono soprattutto banche, assicurazioni e famiglie italiane e la Bce (tramite Bankitalia).

Gli investitori esteri

Dunque, dove è il problema? Come evidenziato dagli analisti di Nomura, a destare più di una preoccupazione è quel 31,3% del nostro debito pubblico, oltre 760 miliardi di euro, in mano a investitori stranieri. Sono soprattutto banche, compagnie assicurative e fondi di investimento dell'eurozona, in particolare francesi e tedeschi.

E questo spiega, secondo gli analisti della banca giapponese, la relativa stabilità del nostro debito: i più veloci a scaricare i nostri titoli di stato sono gli operatori esterni all'area euro, americani e asiatici, che controllano però solo il 5,1% del nostro debito. Ciò significa che solo un evento choc in grado di mettere in dubbio la tenuta dell'area euro, come il default parziale sul debito o un referendum sull'euro (e ritorno alla lira), sarebbe in grado di spingere le istituzioni finanziarie europee a vendere in massa i nostri Btp.

Non a caso la crisi del 2011, che portò alle dimissioni di Berlusconi e alla nascita del governo Monti, fu innescata da Deutsche Bank, che azzerò in sei mesi la propria esposizione all'Italia di circa 8 miliardi di euro spingendo poi le altre banche e assicurazioni europee a fare altrettanto.

Attenti al rating

Di mezzo, poi, c'è il rating. Per ora le tre principali agenzie ci hanno appioppato una tripla B: il debito italiano è considerato investment grade (quindi non speculativo), ma di poco sopra la soglia oltre la quale un titolo è marchiato come "junk bond", spazzatura, come Grecia e Cipro. Per ora S&P, Fitch e Moody's hanno mantenuto il giudizio, che però sarà rivisto tra la fine di agosto e ottobre.

A seguito dell'impasse politico o di fronte alle prospettive di un governo ostile alla Ue, potrebbero decidere di tagliare il nostro rating. Cosa accadrebbe con una bocciatura? La situazione per l'Italia si complicherebbe. E non di poco.

La Bce, ad esempio, e molti fondi di investimento (fondi comuni e fondi pensione) non potrebbero più comprare Btp: l'acquisto di titoli speculativi non rientra, nel caso dell'Eurotower, nel programma di acquisti mensili e, nel caso dei fondi, non è previsto nelle loro politiche di investimento, soprattutto se devono garantire bassi livelli di rischio ai loro sottoscrittori.

L'andamento dei Btp

Ma come stanno andando sui mercati i nostri titoli di stato? Dall'inizio dell'anno i prezzi dei Btp italiani sono calati di più rispetto agli altri paesi periferici. Tre i motivi, secondo gli addetti ai lavori: fondamentali più deboli, riforme strutturali più lente e premio per il rischio politico.

E nei prossimi mesi? "È difficile vedere un cambiamento fondamentale nelle prospettive, considerando anche il potenziale peggioramento del deficit di bilancio. Quindi una riduzione del rapporto debito / PIL sotto un governo populista guidato da Lega e M5s è improbabile. Detto questo, la scelta del premier da parte del presidente Mattarella sarà molto importante per valutare se il nuovo governo avrà un atteggiamento più in linea con le attese dei mercati" conclude Cosimo Marasciulo, uno dei responsabili degli investimenti obbligazionari di Amundi. Incrociamo le dita.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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