Calabria, spreco di denaro pubblico, telecomunicazioni
(Ansa)
Economia

Lo spreco di denaro pubblico. Il caso del Piano Telematico Calabria

L’ingranaggio del flusso di denaro pubblico è stato per anni ben ingrassato e si è assistito a uno spreco economico che ha favorito il finanziamento di progetti spesso irrealizzabili, come successo in Calabria

Per anni l’ingranaggio del flusso di denaro pubblico è stato ben ingrassato e si è assistito a uno spreco economico che ha favorito il finanziamento di progetti spesso irrealizzabili. È il caso del Piano Telematico Calabria che, con un finanziamento di 409 miliardi di vecchie lire, è nato per perseguire finalità di sviluppo del mezzogiorno d’Italia, di cui alla legge 1 marzo 1986, n. 64.

Per la realizzazione del Piano, nel 1987 l’IRI ha costituito il consorzio Telcal che, come soggetto attuatore, con legge regionale 12 novembre 1990, n. 58 ha visto la partecipazione anche della Regione Calabria autorizzata pertanto ad affiancare la Sip (ex Telecom) con il 40 per cento delle quote societarie. Il consorzio Telcal, costituito senza fini di lucro, avrebbe dovuto essere il grande braccio operativo del Piano telematico calabrese, ma nonostante l’impiego di menti eccelse e di ingegneri ben preparati non sono state poste le premesse necessarie per rendere concrete tutte le attività previste, sebbene queste siano state davvero eseguite.

È strano, ma il sogno, mai realizzato da Telcal, era quello di creare una piccola Silicon Valley americana in Calabria proprio negli anni in cui l’euforia derivata da concetti di sviluppo, progresso e crescita associati al settore della new economy alimentava parecchie aspettative, che nel contempo, però, cominciavano a precipitare. E come se niente fosse, se durante la prima fase di Telcal 1 è stato utilizzato circa un quarto dell’investimento poi, nella la seconda fase, con Telcal 2, quando Internet ha cominciato a diventare capillare e alla compagine societaria si sono aggiunte Intersiel e Italeco sottraendo quote alla vecchia Sip, diventata ormai Telecom, si è speso fino all’ultimo centesimo di Euro.

Il progetto, bellissimo e assai ambizioso, avrebbe dovuto automatizzare i processi informatici dei servizi nei diversi ambiti regionali, coinvolgendo settori come la giustizia, l’agricoltura, l’ambiente, il turismo, la pubblica amministrazione, la teledidattica, la sanità e attivare lo sviluppo di competenze locali tramite formazione diffusa. Ma sta di fatto che nei primi anni del 2000 tutto è precipitato e, nonostante la forza di una doppia rinascita che il Piano telematico Calabria era riuscito a conseguire, ormai non c’erano più le condizioni per andare avanti. Telcal, divenuto un vecchio carrozzone, non ha contribuito allo sviluppo del territorio e nemmeno a creare posti di lavoro per quei giovani del Sud che per un attimo si erano illusi di aver trovato l’America.

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Rosita Stella Brienza

Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università Lumsa di Roma; Master in Business e Comunicazione all'Istao di Ancona. Giornalista dal 2008 per Repubblica, La Nuova del Sud e Panorama.it. Dal 2015 collaboratrice a Radio Laser

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