Pil, perché non cresce e cosa serve per farlo ripartire
ANSA / EMILIO ANDREOLI
Economia

Pil, perché non cresce e cosa serve per farlo ripartire

Economia italiana ferma nel secondo trimestre. Per stimolare la ripresa, il governo vuol ridurre un po' le tasse sulle imprese. Ma ci vuole ben altro

Il presidente del consiglio si aspettava un segno più ma i dati dell'Istat probabilmente lo hanno deluso. Anche le statistiche più aggiornate sull'andamento trimestrale del pil, diffuse oggi, confermano le cifre preliminari dei giorni scorsi. Nel secondo trimestre dell'anno, secondo l'Istat, il prodotto interno lordo (pil) dell'Italia è rimasto pressoché invariato rispetto al trimestre precedente. Ciò non significa che su base annua mancherà del tutto la crescita. Nell'arco dei 12 mesi, sempre secondo l'istituto nazionale di statistica, il pil dovrebbe infatti registrare una variazione positiva dello 0,8%. Un po' poco, se si pensa che le ultime previsioni del governo contenute nel Def, il documento di economia e finanza, parlavano di una crescita dell'1,2%, ormai difficile da raggiungere.




Italia al rallentatore

L'economia italiana non è completamente ferma, insomma, ma va comunque al rallentatore. Certo, anche gli altri paesi europei non procedono col turbo, visto che la crescita media dell'area euro, sempre nel secondo trimestre dell'anno, è stata pari a un modesto +0,3%. E' poco anche in questo caso, ma è sempre meglio del niente che si è registrato invece a Sud delle Alpi. Non a caso, gli economisti de Lavoce.info hanno messo in evidenza come nell'arco di un paio d'anni, tra il 2014 e il 2016, l'Italia abbia comunque registrato un divario di quasi due punti nell'incremento del pil, rispetto alla non esaltante media continentale. Tirando le somme, dunque, non sembra cambiato il copione che accompagna il nostro paese da vent'anni a questa parte. Quando l'Europa cresce a ritmi sostenuti, cresciamo anche noi, seppur più lentamente. Quando gli altri paesi rallentano, invece, noi addirittura ci fermiamo. Restiamo in affanno, insomma, incapaci di avere quello slancio che ci vorrebbe per stare al passo con gli altri.


Pil: crescita zero nel secondo trimestre, + 0,8% il dato annuo


Del resto, se l'Italia cresce poco da vent'anni per motivi strutturali, è difficile che si metta a correre all'improvviso più velocemente degli altri. Occorre tuttavia capire quali misure servono adesso, dall'oggi al domani, per stimolare almeno un po' l'economia del Belpaese. Nei giorni scorsi, Renzi ha annunciato una riduzione delle tasse sulle imprese, con l'abbassamento dal 27,5 al 24% dell'Ires (l'imposta sui redditi delle società di capitali) e dell'Iri (il nuovo prelievo destinato a colpire le società di persone e i professionisti). Basterà? Non ne è affatto convinto Francesco Daveri, ordinario di politica economica alla Cattolica (sede di Piacenza). In un editoriale scritto nel luglio scorso per il sito Lavoce.info, Daveri aveva già messo in evidenza alcuni aspetti importanti che fanno riflettere: l'economista della Cattolica ha ricordato infatti che, nel primo semestre del 2016, c'è stato in Italia un andamento deludente dei consumi, legato soprattutto a una perdita di fiducia. “Dopo aver raggiunto un valore massimo a fine 2015”, ricorda infatti Daveri, “l’indice di fiducia dei consumatori è crollato nei primi sei mesi del 2016, rimangiandosi tutto l’aumento dell’ultimo anno”.


Misure sbagliate

Di fronte a questi dati, per Daveri occorrerebbe che l'esecutivo attuasse nuove misure di stimolo ai consumi, mettendo un po' più di soldi in tasca ai lavoratori, piuttosto che concentrarsi su una detassazione favorevole alle aziende. “Se il governo ha una carta da giocare nel bilancio 2017”, ha scritto Daveri su Lavoce.info, “meglio che la usi nella riduzione del carico sui redditi da lavoro e non per una riduzione dell’Ires che, nell’attuale situazione di incertezza e di crescita anemica, sarebbe un regalo di profitti alle imprese con scarsi investimenti addizionali”. Con nuove misure che non vanno nel verso giusto, insomma, una ripresa sostenuta dell'economia rischia di trasformarsi in una chimera.



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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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