Come funzionano le politiche per la natalità di altri paesi del mondo
Assegni, meno tasse, benefit, più welfare e c’è anche chi “regala” la macchina. Tutta Europa sta combattendo la denatalità e ognuno ha la sua strada per sostenere le famiglie.
Il Governo italiano vuole puntare sull’incentivo del fisco per uscire dal tunnel negativo che va avanti dal 2008 e che nel 2022 ha toccato il record storico: 400mila bimbi in meno (Istat). Il ministero dell’economia sta studiando una sorta di bonus famiglia tipo 110%, cioè niente tasse per chi fa almeno due figli. La Lega ha rilanciato con: detrazione di 10.000 euro l'anno per ogni figlio a carico fino alla fine degli studi universitari, senza limiti di reddito (ora sono 950 euro fino ai 21 anni). Le coperture? Non è specificato, siamo alla fase di studio.
Ma il resto d’Europa come sta a numero di figli e come gestisce la politica per le famiglie e per contrastare la denatalità?
Il numero medio di bambini per donna in età fertile in Italia è di 1,25 contro una media europea di 1,53 (per fare due esempi Germania 1,58; Francia 1,84). In parallelo, guardando agli investimenti emerge che l’Italia è ancora uno dei Paesi europei che spende meno per le politiche di sostegno alla famiglia. Nel 2022 è salito all’1,4% con l’introduzione dell’assegno unico del governo Draghi (incrementato quest’anno fino al 50% dal Governo Meloni). In Germania siamo al 3,3% (116 miliardi), in Francia il 2,3% (62 miliardi). Peggio solo Cipro (1% del Pil) e Malta (0,8% del Pil). Eurostat parla chiaro: la spesa media dei Paesi europei per gli assegni familiari, rispetto alla spesa sociale è stata dell’8,3% di quella totale, dal 2018 ad oggi. E ogni Paese ha le sue misure.
La Germania è dove si è investito di più sulla famiglia ci sono l’assegno alle famiglie con figli (Kindergeld) e l’assegno parentale (Elterngeld). Il primo è un contributo universale di 219 euro al mese dalla nascita ai 18 anni o ai 25 se si studia o si è disoccupati. L’importo aumenta dal terzo figlio in su. Il secondo assegno è per entrambi i genitori fino ai 14 mesi del figlio. È per chi è disoccupato o sceglie l’orario ridotto per stare con il bimbo (in carenza di posti al nido come succede in Italia è uno strumento interessante). Corrisponde al 65% del mancato reddito.
Da anni fa scuola la Francia, che infatti ha il tasso di fertilità più alto d’Europa. Qui si usa il quoziente familiare, cioè le tasse non si calcolano a persona, ma a nucleo. Il reddito insomma viene diviso per il numero dei componenti della famiglia: ogni figlio conta mezzo, i due adulti contano una parte intera, così come dal terzo figlio in poi. Il vantaggio fiscale ha un tetto di 1.570 euro per ogni mezza parte, quindi il guadagno in una coppia con due figli arriva a 3140 euro, con tre figli a 6280 euro annui. Parigi dà poi un premio alla nascita di 970 euro. Le famiglie ricevono gli assegni mensili in base al reddito, dai due figli in su fino ai 20/25 anni. Si va da 140 a 500 euro. E a inizio anno scolastico dai 6 ai 18 anni si riceve un assegno per sostenere parte delle spese (intorno ai 400 euro).
L’aiuto economico c’è solo per i redditi sotto i 27mila euro in Spagna e sotto le 60mila sterline in Gran Bretagna. In Ungheria si punta su agevolazioni fiscali e benefit, a fronte di aiuti economici leggeri (assegni da 30 a 44 euro al mese): mutui agevolati se si hanno due figli, assegno per una macchina a 7 posti se si hanno tre figli e dal quarto figlio in poi niente tasse per sempre.
E poi ci sono i Paesi Scandinavi, dove oltre agli assegni e a una rete capillare di asili nido sono anche le imprese contribuiscono alle politiche per la famiglia con incentivi al lavoro agile e orari flessibili sul lavoro.