Prenotare un hotel su internet: i siti padroni del mercato
Ai primi posti spuntano le offerte di Booking e di Expedia. Due siti che controllano il 70 per cento delle prenotazioni online. E qualcuno si ribella
La scelta è formidabile. Sulle grandi agenzie di viaggi online, Expedia e Booking.com, prima di prenotare è possibile confrontare decine e decine di soluzioni diverse, per quasi ogni località del mondo. Si leggono le valutazioni di altri viaggiatori. Non ci sono costi di iscrizione e spesso nemmeno diritti di prenotazione. Funzionano i due colossi globali del turismo 2.0, e piacciono sempre di più. Ambedue con quartiere generale negli Usa, dominano in Europa, dove la Morgan Stanley ha calcolato si siano già aggiudicati quasi il 70 per cento di quota di mercato: il 47 per cento Booking.com e il 21 Expedia. Nel nostro Paese spopolano. Secondo un’indagine della Federalberghi, attraverso Booking.com oggi passa quasi il 73 per cento delle prenotazioni via internet degli hotel nazionali, da Expedia il 17,7 per cento. "Questi giganti stranieri si portano a casa tra il 25 e il 30 per cento del fatturato degli alberghi italiani" fa i conti Rodolfo Baggio, docente all’Università Bocconi di Milano.
Ma chi sono i nuovi padroni delle vacanze? E come operano dietro le quinte dei loro portali? Il nuovo numero uno del turismo su internet si chiama The Priceline Group. Ha base nel Connecticut, ma deve il suo successo a due siti europei (l’inglese Active Hotels e l’olandese Booking), comprati una decina d’anni fa, messi insieme e ribattezzati Booking. com. Sede ad Amsterdam, oggi Booking. com ha un inventario monstre di 425 mila alberghi. Passo dopo passo, ha superato tutti i concorrenti in Europa e fatto di Priceline in America un campione d’incassi (39,2 miliardi di dollari nel 2013, più 38 per cento sul 2012), con un fatturato netto di 6,8 miliardi e 9.500 dipendenti e una capitalizzazione di borsa quasi cinque volte più grande di quella della Fiat. L’anno scorso ha comprato Kayak, uno dei principali "metasearch", come in gergo si chiamano i siti che comparano i prezzi offertid a più portali di prenotazione, ricavandone un tanto a click.
Dietro gli exploit ci sono un budget pubblicitario imponente (quasi 2 miliardi di dollari nel 2013), un regime fiscale favorevole (in Olanda la tassa per le aziende innovative è al 5 per cento) e strategie di vendita efficaci. Per esempio, "quando entri nel suo sito, Booking ti riempie il computer di cookies" spiega Giancarlo Carniani, direttore della Bto, la fiera del turismo online di Firenze: "Navighi in altri siti e ti sbuca continuamente il riquadrino che ti fa rivedere l’albergo che avevi visionato". Ancora: "Spesso compaiono scritte del tipo: altre 20 persone stanno visualizzando questo hotel. Oppure: Ultima occasione! Ci rimane soltanto una camera. Nessuna di queste cose è vera. Ma la voglia di prenotare sale inevitabilmente". Storica potenza del turismo su internet, Expedia è la numero uno della classifica americana, ma è scivolata al secondo posto in Europa, superata da Booking.com. Il giro di affari (39,4 miliardi di dollari) è leggermente superiore a quello della rivale, più bassi i ricavi netti (4,8 miliardi). Fondata dalla Microsoft nel 1996, oggi comprende una decina di siti di viaggio, tra i quali Trivago, un comparatore di prezzi acquistato l’anno scorso, e l’ex italiana Venere, pioniera dell’e-commerce di alberghi comprata nel 2008. Sotto le sue ali, invece, non c’è più TripAdvisor, il sito di recensioni e comparazioni di prezzi, che è stato scorporato a fine 2011.
I big online hanno i prezzi più convenienti? La risposta è sì: sui grandi portali si trovano le tariffe alberghiere più convenienti in circolazione. Merito di una clausola dei contratti con gli hotel, la cosiddetta "rate parity", che impegna gli albergatori a non offrire tariffe più basse nei propri siti internet o alle loro reception. Il risultato, al momento, è un livellamento quasi assoluto: prezzi praticamente identici qualunque mezzo di prenotazione si scelga.
La situazione, però, è in evoluzione. Le associazioni degli albergatori di mezza Europa hanno allertato le autorità Antitrust e ora prospettano la prossima fine del vincolo di rate parity. Così fosse, potrebbe scatenarsi una dirompente guerra tariffaria.
Ai consumatori la cosa potrebbe anche non interessare. Il problema è che anche loro sono danneggiati: "A comparire per primi sul computer non sono gli alberghi che convengono di più, ma quelli che pagano di più" spara Alessandro Nucara, il direttore dell’associazione degli albergatori italiani Federalberghi. E quantifica: "La provvigione minima che gli albergatori devono a queste grandi agenzie online è il 15 per cento su ogni prenotazione". Ma, puntualizza: "Se paghi il 15 per cento ti ritrovi a pagina 28 dei risultati di una ricerca e il tuo albergo non lo vede nessuno. Per uscire in una posizione migliore la commissione arriva al 30 o anche al 40 per cento, senza però avere la garanzia di finire davvero in prima pagina". La Federalberghi ha denunciato le grandi agenzie online all’autorità Antitrust, ma l’istruttoria, a oggi, non è stata ancora avviata. "I termini dei nostri contratti sono confidenziali" ribatte Expedia. Ma "il nostro compenso è allineato con il valore del business che generiamo: con 150 siti di prenotazione in 70 paesi, un investimento in tecnologia che supera i 350 milioni e più di 2 miliardi di dollari spesi nel solo 2013 per la promozione, aiutiamo gli alberghi italiani a raggiungere i viaggiatori di tutto il mondo".
Quanto alle supercommissioni necessarie affinché un albergo risulti in cima ai risultati di una ricerca, Expedia riferisce che "il posizionamento dei nostri hotel tra i più popolari dipende da un algoritmo che tiene conto di diversi fattori. Tra questi: i commenti degli ospiti, il tasso di competitività nel mercato, le performance di vendita e finanziarie, la qualità della brochure online".
"Fate la prova" replica il direttore di Federalberghi. "Digitate il nome di un hotel a caso su Google". L’esito? Inevitabile: "I primi siti che appaiono sono quelli di Booking.com, Expedia, Venere o TripAdvisor. Il sito dell’albergo in questione risulta inesorabilmente sotto". Miracoli del marketing: Booking.com spende 40 milioni di dollari l’anno per le campagne Adwords di Google, cioè per uscire in prima posizione nei risultati di una ricerca, Expedia 30 milioni. Competere per un albergo singolo è impossibile".