Priolo è un «caso» internazionale ed un problema tutto italiano
La raffineria siciliana sarebbe al centro di un triangolo con cui la Russia avrebbe raggirato le sanzioni a scapito degli Stati Uniti. Ma senza quel greggio per l'economia della Sicilia sarebbe un disastro
Fino a ieri la raffineria di Priolo, Sicilia, era finita al centro delle cronache economico-politiche per il rischio chiusura. Un problema arrivato sul tavolo del Presidente del Consiglio dato che stiamo parlando di una delle principali raffinerie del paese con più di 1000 dipendenti che salgono a 4000 se si considera tutto l’indotto che ruota attorno ad uno degli ultimi polmoni verdi per il lavoro di tutta l’isola. Questo fino a stamattina quando un’inchiesta del Wall Street Journal ha gettato nubi pesanti su tutta la raffineria.
Secondo il giornale americano infatti da qui sarebbe passato petrolio russo destinato poi agli stessi Stati Uniti; insomma attraverso la raffineria siciliana Mosca sarebbe riuscita ad aggirare le sanzioni decise dall’occidente dopo l’invasione dell’Ucraina.
L’inchiesta racconta di 5 milioni di barili di greggio proveniente dalla Russia che sarebbero state raffinate nella struttura in provincia di Siracusa e da qui trasportate negli Stati Uniti per essere vendute nei vari distributori di carburante.
Un aggiramento delle norme che sarebbe stato possibile per due ordini di motivi. Il primo è che la normativa internazionale prevede che la benzina e gli altri prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio non siano del paese dove il greggio è stato estratto ma della nazione dove appunto è stato raffinato. E così, a tutti gli effetti questi 5 mln di barili non sarebbero russi, ma italiani.
Il secondo motivo è che, di fatto, la struttura di Priolo è di proprietà russa, o meglio. La Isab (questo il nome dello stabilimento) risulta di proprietà di una società svizzera, la Litasco. Questa però è a sua volta controllata al 100% da una società austriaca, affiliata alla Lukoil, che a sua volta è controllata dalla Lukoil Russia. Ricordiamo che Lukoil, dopo la compagnia petrolifera statale di Mosca, Roseft, è la principale azienda petrolifera russa privata.
La difesa dell’azienda è chiara: siamo una struttura privata e quindi non siamo sottoposti ad alcun tipo di sanzione. Ma lo scandalo ormai è arrivato da Mosca a Washington.
Questo cavillo burocratico-legislativo ha però i giorni contati. Il prossimo 6 dicembre scatterà l’embargo totale per il petrolio russo e quindi la triangolazione messa in atto attraverso l’Italia cesserà.
Per un caso internazionale chiuso a quel punto però si aprirà una partita tutta italiana per noi molto iù complessa e delicata. Senza il petrolio Lukoil infatti la raffineria di Priolo, già senza il greggio proveniente da altri paesi per problemi finanziari, sarebbe costretta alla chiusura scatenando un effetto domino drammatico sull’economia dell’intera area.
La palla (avvelenata) a quel punto passerà al Governo cui toccherà il compito di trovare una soluzione. Senza creare ulteriori problemi a livello internazionale.