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(Ansa)
Economia

Redditometro: ecco cosa ci controlleranno (ma forse no)

Si torna a parlare del redditometro come strumento anti evasione. Ecco cosa finirà nella lente dell'Agenzia delle Entrate

Il parrucchiere, i fiori, gli abbonamenti alle pay tv, gli assegni dell’ex coniuge, le spese per affitto e mutuo fino al mantenimento del cane di casa. Insomma: tutto. Il governo rispolvera il redditometro, da sempre osteggiato dai partiti ora al governo. In Gazzetta ufficiale ieri (martedì) è comparso un decreto firmato da Maurizio Leo, viceministro all’Economia. Torna in vita, con alcune modifiche, lo strumento che, analizzando lo stile di vita di ognuno di noi e confrontandolo con la dichiarazione dei redditi, mette in luce le discrepanze e quindi il “rischio” evasione (totale o parziale) delle persone fisiche. In quell’anno hai guadagnato 1500 euro al mese, ma hai fatto una vacanza in un hotel di lusso e hai comprato due computer e hai fatto spese ingenti in gioielleria? Scatta il controllo dell’Agenzia delle Entrate.

Il redditometro fu istituito nel 1973, modificato nel 2010 durante il Berlusconi IV e congelato nel 2018 dal governo Conte. Ora torna, con un aggiornamento della lista delle voci e degli indici che fanno scattare le verifiche del Fisco.

Come funziona

I contribuenti vengono divisi in 11 tipologie di nuclei famigliari (coppie con figli, senza figli, single under 35, ecc.) su 5 aree geografiche diverse. Vengono analizzate le spese e gli investimenti presenti nel sistema dell’Anagrafe Tributaria, i pagamenti elettronici uniti ai dati emersi dall’indagine annuale Istat sulle spese delle famiglie divise per categorie (spesa minima presunta) e la quota di risparmio riscontrata e non usata. Unendo i dati si stima la “capacità contributiva” cioè il reddito che il cittadino avrebbe dovuto avere per far fronte alle spese fatte. Se lo scostamento supera il 20% scatta l’accertamento.

Gli anni presi in esame

Si parte dai redditi del 2016, tenendo conto degli elementi già presenti nell’anagrafe tributaria. Scatta la verifica quando il reddito accertabile supera del 20% quello dichiarato.

Le spese sotto la lente del fisco

Sono 56 i tipi di “spesa” introdotti per l’analisi e 9 le voci di investimento che possono essere controllati.

Si parte con generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature. Per queste voci in assenza di dati nel Sistema Informativo dell’Anagrafe tributaria si presume una certa soglia di spesa in base ai dati Istat a seconda della categoria a cui si appartiene (il tipo di famiglia e l’area geografica). Si passa poi alla casa: quindi spese per mutuo, affitto, condominio, intermediazione immobiliare. Tracciabile poi quello che si è speso per combustibili ed energia, per elettrodomestici, mobili beni per la casa, oltre a colf e babysitter. C’è poi il capitolo salute (medicinali e visite mediche), trasporto (assicurazioni, bollo, costi di manutenzione e per taxi, aerei, treni e mezzi pubblici). Entrano nel calcolo anche tutte le spese fatte per la comunicazione (cellulari e bollette) e per l’istruzione (libri scolastici, tasse e rette scolastiche dal nido all’università, corsi di lingua, master, affitti universitari e vacanze e soggiorni studio all’estero). E poi c’è il tempo libero (pay-tv, giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, computer, attività sportive). Non sfuggono a “fare reddito” gli animali: dal mantenimento del cavallo alle spese veterinarie per cani, gatti e animali domestici. E poi si conteggiano anche gli assegni al ex coniuge, la bigiotteria, il barbiere e il parrucchiere. Infine, concorrono alla stima che può fare scattare l’accertamento anche tutti gli investimenti: dalle azioni ai francobolli, dagli immobili all’oro.

La difesa del contribuente

Entra in campo il contraddittorio. A differenza del passato prima di inviare qualunque atto l’Agenzia delle Entrate chiede al contribuente spiegazioni. Ci si potrà difendere e dimostrare che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d'imposta in esame. Si potrà contestare che le spese attribuite hanno un diverso ammontare e che si è usato per sostenerle un risparmio formato nel corso degli anni.

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Cristina Colli