Perché le sanzioni alla Russia faranno male all'Europa
La reale efficacia dei provvedimenti è da dimostrare. Al contrario, il pericolo che il contraccolpo sia rilevante anche per l'occidente non deve essere sottovalutato
L’escalation della crisi fra Russia e Ucraina non si attenua. E l’impatto delle nuove sanzioni in arrivo dopo la tragedia del volo MH17 rischia di essere più grande delle previsioni del Cremlino. Ma non solo. I risvolti negativi potranno esserci anche per l’economia europea. Elevato è infatti il grado di interconnessione fra le due aree economiche. E in vista dell’inverno, la mancata indipendenza energetica di Bruxelles potrebbe essere più pericolosa che mai.
L’economia della Federazione Russa è tanto semplice quanto poco differenziata. La grande presenza di risorse naturali è il fulcro di tutto. Dal gas naturale ai minerali, passando per le terre rare, tutto passa attraverso il sottosuolo. I russi estraggono e vendono ai partner commerciali, che non possono vantare la ricchezza di beni, energetici soprattutto, di Mosca e dintorni. Va da sé che, almeno dal punto di vista energetico, la Russia è indipendente. E va da sé che se Mosca non può vendere a terzi ciò che si trova sul suolo russo, l’economia ne risentirà. È già possibile fare una prima stima: almeno un punto percentuale di Pil, circa 23,3 miliardi di euro.
La testimonianza che il conflitto con l’Ucraina rischia di essere un boomerang per Mosca è nell’ultimo aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (FMI), pubblicato ieri. L’istituzione di Washington, oltre ad aver rivisto al ribasso di 3 decimali, fino a quota 3,4%, la crescita economica globale, ha abbassato anche le stime per la Russia. Meno 1,1 punti percentuali nel 2014 e meno 1,3 punti per il 2015 rispetto all’ultima previsione, per un’espansione dello 0,2% per l’anno in corso e dell’1% nel prossimo. Numeri che però non tengono conto dell’ultimo giro di vite condotto da UE e USA, le cui conseguenze si vedranno solo a fine del prossimo trimestre. Per ora, quindi, a fronte di un Pil previsto per il 2014 di 2.320 miliardi di euro, la revisione del FMI ha conteggiato una riduzione attesa del Pil pari a 23,3 miliardi.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, le relazioni commerciali fra Russia ed Europa valgono circa 305 miliardi di euro l’anno. La fetta più grossa è ad appannaggio della Germania, seguita a poca distanza dalla Francia e dall’Italia. Ma sono i dati della Commissione UE i più succosi in termini di specificità. Nel 2013 l’Europa ha importato 206,5 miliardi di euro di beni e 15,1 miliardi di servizi, per un totale di 221,6 miliardi. Nello stesso periodo temporale, l’UE ha esportato 119,8 miliardi di euro di beni e 30,4 miliardi di servizi, per un controvalore di 150,2 miliardi. Va da sé che nella bilancia commerciale c’è un saldo negativo di 71,4 miliardi di euro, a svantaggio dell’Europa. In pratica, come ha sottolineato anche Société Générale in una nota di commento delle nuove sanzioni, c’è la possibilità che a patirne sia anche Bruxelles.
Ecco forse perché il ministro per il Commercio della Federazione Russa, Denis Manturov, ha detto esplicitamente che chi avrà le maggiori ripercussioni dalle nuove sanzioni sarà l’UE e non Mosca. Secondo Manturov, le sanzioni che hanno come oggetto le maggiori imprese russe, come Gazprom, Rosneft o Rossiya Bank non trascineranno al ribasso l’economia nel lungo periodo. “Nel breve un effetto negativo potrà anche esserci, ma siamo forti abbastanza per riprenderci il posto che ci compete nello scenario mondiale”, ha detto Manturov.
La preoccupazione, in effetti, non sembra essere di casa al Cremlino. Il presidente russo Vladimir Putin ha più volte detto di non capire l’ostinazione di UE e Stati Uniti a imporre sanzioni economiche che hanno conseguenze significative anche per i Paesi che le introducono. Concetti ripetuti anche dal suo entourage. “Nessuno ci potrà isolare. Per ogni mercato che si chiude, un altro si apre. È suggestivo che l’Occidente non conosca queste semplici regole del capitalismo”, ha chiosato con ironia il primo consigliere economico del Cremlino, Andrey Belousov.
La reale efficacia delle sanzioni si vedrà fra un paio di mesi. Il pericolo che il contraccolpo sia rilevante anche per l’Europa esiste e non deve essere sottovalutato. Intanto, però, la Russia sta cercando di proteggersi dal rischio inflazione. La banca centrale russa ha deciso di alzare il tasso d’interesse principale di 50 punti base, portandolo all’8 per cento. “I rischi geopolitici sono mutati e il nostro obiettivo è stabilizzare l’economia”, ha spiegato l’istituzione monetaria guidata da Elvira Nabiullina. Una stabilizzazione possibile?