Salari in crescita, ma quasi 7 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo contrattuale
Ansa
Economia

Salari in crescita, ma quasi 7 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo contrattuale

I dati dell’Istat evidenziano il potere d’acquisto in recupero e un calo dell’export verso i Paesi extra-UE. Nella Manovra tagli per oltre 4miliardi all’automotive e nuovi ingenti fondi per la Difesa

Gli stipendi aumentano più dell’inflazione, ma quasi 7 milioni di lavoratori sono ancora in attesa del rinnovo contrattuale e il commercio extra Ue diminuisce. L’Istat ha fatto oggi il punto su retribuzioni ed export. E intanto dalla Manovra emergono sforbiciate preoccupanti al settore dell’automotive, già in crisi, e grossi finanziamenti alla Difesa.

Il potere d’acquisto torna lentamente a crescere, ma resta critica la situazione per circa 6,9 milioni di lavoratori italiani in attesa del rinnovo contrattuale. A fine settembre, quasi il 53% dei dipendenti italiani è in attesa di un aggiornamento salariale che tarda ad arrivare, con un tempo medio di attesa di circa 18,3 mesi per i contratti scaduti. Rispetto a un anno prima, questo periodo è sceso drasticamente dai 32,2 mesi, segno che la trattativa sui contratti ha fatto qualche passo avanti. Nonostante la lentezza nei rinnovi, l’Istat rileva un segnale positivo sul fronte dei salari. Nel terzo trimestre del 2024, le retribuzioni contrattuali sono aumentate più dell’inflazione, con un incremento che supera l’indice dei prezzi al consumo di circa due punti percentuali. Settori come credito e assicurazioni (+11%) e metalmeccanico (+6,4%) hanno trainato la crescita, mentre i dipendenti della pubblica amministrazione vedono ancora aumenti molto ridotti (+1,6%).

L’Istat rileva anche segnali preoccupanti sul fronte dell’export verso i Paesi extra-UE, con una riduzione dell’1,9% nel terzo trimestre del 2024 rispetto al periodo precedente, trainata dalle minori esportazioni di energia (-48,6%) e beni strumentali (-6,7%). Questo calo dell’export, seppur lieve rispetto ai numeri preoccupanti dei mesi precedenti, si traduce comunque in una flessione annua del 2%. Le minori vendite verso mercati strategici come Stati Uniti (-13,4%) e Giappone (-12,3%) fanno riflettere sull’urgenza di stimolare la competitività delle imprese italiane su scala internazionale. Sul fronte delle importazioni, invece, la contrazione è stata del 6,2%, causata in gran parte dalla riduzione degli acquisti di energia, una dinamica che contribuisce però a migliorare il saldo commerciale dell’Italia con i Paesi extra-UE, ora positivo per oltre 3,6 miliardi di euro.

Nel frattempo, nella Manovra compare una modifica al Fondo per il settore automotive, drasticamente ridotto di 4,6 miliardi di euro, l’80% della dotazione complessiva. Un duro colpo per un comparto già in difficoltà, che nei primi nove mesi dell’anno ha registrato un calo di produzione del 30%. Le aziende e i sindacati del settore si sono subito mobilitati, definendo questo taglio un “fulmine a ciel sereno” che va in direzione opposta rispetto agli incentivi alla transizione ecologica e tecnologica. Il governo ha virato questi fondi al comparto Difesa, con un rifinanziamento di 2,5 miliardi all’anno, per un totale di 34 miliardi di euro entro il 2039 (15 entro il 2030). Parte di questi fondi andranno al rinnovo delle missioni di pace e a sostenere l’industria della difesa aerospaziale e marittima. Secondo i sindacati e gli imprenditori del settore automotive, questa scelta mina anni di collaborazione con il governo per il rilancio dell’intero comparto e potrebbe comportare la perdita di migliaia di posti di lavoro nei prossimi anni.

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Cristina Colli