Crescono i salari italiani, ma il pubblico resta indietro
Nel primo semestre 2024 crescita del 3,1%. Aumenti maggiori nel settore privato; nel pubblico pesano i mancati rinnovi contrattuali
Gli stipendi crescono in Italia, di poco e non per tutti, ma aumentano e battonol’inflazione. Nel primo semestre dell’anno la retribuzione oraria media ha segnato un +3,1% rispetto a un anno fa (dati Istat). Ma l’incremento non è per tutti. A beneficiarne è soprattutto il settore privato e nel pubblico pesa ancora il mancato rinnovo dei contratti. In più c’è l’incognita dei lavoratori coinvolti nei tavoli di crisi presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy. Qui la Cgil parla di “allarme”.
A giugno l’aumento retributivo è stato dell’1,2% su maggio e del 3,6% rispetto a giugno 2023. L’aumento tendenziale è stato del +4,9% per i dipendenti dell’industria, del +3,7% per quelli dei servizi privati e del +1,6% per i lavoratori della pubblica amministrazione.I numeri Istat evidenziato un piccolo recupero del potere d’acquisto delle famiglie, grazie a salari aumentati, nel secondo trimestre 2024, del +4,1% nel privato. Un aumento che dà ossigeno ai consumatori, vista l’inflazione (indice Ipca +0,9%).Ma la crescita salariale non riguarda tutti indistintamente. Gli stipendi sono aumentati soprattutto nel settore industriale grazie ai rinnovi contrattuali. Aumenti retributivi anche nel terziario, anche qui hanno pesato i rinnovi dei contratti per esempio del credito, assicurazioni e commercio. “Questa fase di recupero delle retribuzioni rispetto all’inflazione dovrebbe consolidarsi nei prossimi mesi, alla luce della chiusura di ulteriori rinnovi nel settore dei servizi”, sostengono gli esperti dell’Istat. Gli aumenti tendenziali maggiori si vedono nei comparti legno, carta e stampa (+8,5%), credito e assicurazioni (+7,1%) e settore metalmeccanico (+6,4%). L’incremento è invece nullo per farmacie private, telecomunicazioni, ministeri, forze dell’ordine, forze armate e attività dei vigili del fuoco.
Freno a mano per gli stipendi della pubblica amministrazione, in attesa di rinnovi del triennio 2022-2024. Qui la crescita retributiva è sostenuta esclusivamente dall’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale ai dipendenti delle amministrazioni non statali.
Il problema principale è la mancanza ancora di 34 rinnovi per 4,7 milioni di lavoratori, il 36% del totale. L’Istat ha calcolato che il tempo medio di attesa è diminuito. I lavoratori nel giugno 2023 aspettavano 29,2 mesi per averlo, oggi si è scesi a 27,3 mesi. Nella Pa però i contratti sono tutti scaduti. E c’è un’altra questione all’orizzonte: i tavoli di crisi aperti presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy. La Cgil ha lanciato l’allarme: in 7 mesi ci sono 2500 lavoratori a rischio in più. Portando ad almeno 60mila i posti di lavoro in bilico. A questi, secondo le stime del sindacato, si aggiungono altre 120 mila lavoratori a rischio nei settori in crisi per la gestione delle transizioni o riconversioni produttive. In più le crisi regionali: solo sui tavoli di Puglia e Veneto ulteriori 32mila lavoratori col fiato sospeso. È di pochi giorni fa l’annuncio del ministro Adolfo Urso del salvataggio dello stabilimento di Marelli di Crevalcore, rilevato da Tecnomeccanica. 152 posti di lavoro salvati. Ottimo, anche secondo i sindacati. Ma i tavoli aperti sono tanti e se ne aggiungono in continuo. Sono sempre di più a sottolineare la necessità di una politica industriale per l’Italia e per l’Europa intera.