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Economia

Shale Oil, il nuovo petrolio (made in Usa)

Con le sanzioni che riducono la produzione di greggio dell'Iran aumentano le quote del nuovo petrolio dei Texani

I cowboy del petrolio festeggiano: il blocco alle esportazioni di greggio iraniano è un’ottima notizia per i produttori americani, già protagonisti di un’incredibile storia di successo nel mondo dell’oro nero. Grazie allo sfruttamento dei giacimenti di «shale oil», cioè petrolio non convenzionale intrappolato nei frammenti di rocce di scisto, gli Stati Uniti sono diventati infatti il primo produttore al mondo di greggio: dai 5 milioni di barili al giorno del 2005 sono volati a 9 nel 2018 e al record di quasi 12 milioni di barili quest’anno.

E adesso lo stop all’Iran offre due ghiotte opportunità: fa salire i prezzi e quindi i guadagni delle aziende Usa, che dal 2016 possono esportare il loro petrolio (prima era vietato); e, come spiega a Panorama Douglas Stephens di Houston, esperto del settore, «il calo delle vendite di greggio iraniano in India, Cina e Turchia non può essere sostituito direttamente dalle esportazioni statunitensi, ma ci sarà un buco di un milione di barili al giorno dell’offerta globale che sarà in parte colmata dagli Stati Uniti». Gli altri vincitori saranno la Russia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita: hanno ridotto la produzione per mantenere i prezzi alti e quindi hanno una capacità produttiva in eccesso che possono attivare rapidamente. Ma l’America dello shale oil resta il caso più sorprendente: dato per morto ogni volta che il prezzo del greggio scendeva rendendo apparentemente insostenibile l’estrazione di petrolio non convenzionale, il settore è riuscito invece a resistere. «Con una maggiore efficienza operativa e una tecnologia avanzata» dice Douglas, «l’aumento della produzione viene realizzato oggi con un numero molto inferiore di impianti di perforazione.
Nel 2014 negli Stati Uniti erano in funzione 1.800 impianti di estrazione. Oggi ne contiamo circa mille e produciamo molto di più. Nel corso degli ultimi quattro anni la domanda globale di greggio è aumentata di poco meno di 6 milioni di barili al giorno, la maggior parte di questi, circa 4 milioni di barili, è stata coperta dai giacimenti di shale oil americano. E le più grandi società globali, come Chevron, Exxon, Bp e Shell hanno fatto incetta di terreni nei bacini dello shale: nei prossimi anni vedremo mettere a frutto questi grandi investimenti».

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Andrea Soglio