"Shutdown", le possibili conseguenze sui mercati
Le case d’affari non temono gravi effetti a Wall Street ma prevedono piuttosto una fase di debolezza del dollaro
Che prima o poi finirà ne sono convinti tutti mail dubbio che circola nella comunità finanziaria è piuttosto questo: quando finirà lo shutdown? Si tratta, per chi non avesse seguito le cronache recenti, di quella situazione di stallo che si verifica quando, come in questi giorni, il Congresso degli Stati Uniti non riesce ad approvare la legge che rifinanzia le attività amministrative federali e il governo non può dare il via libera ad alcune spese per i servizi pubblici, fatta eccezione per quelli essenziali come la sanità o la sicurezza.
Già nel 2013, con l’amministrazione Obama, si è verificato uno shutdown che durò 16 giorni e i mercati finanziari non ne risentirono particolarmente. Ora che alla Casa Bianca c’è Donald Trump, l’interrogativo si ripropone ma gli strategist delle case d’investimento non sono particolarmente preoccupati sui possibili impatti dello shutdown 2018.
Pochi impatti sull’economia
“Forse uscire da questa situazione sarà più faticoso del previsto e richiederà più tempo di quanto preventivato”, ha dichiarato all’agenzia Reuters Patrick O‘Donnell, investment manager della società di gestione Aberdeen Asset Management, “ma non crediamo che lo shutdown avrà un impatto significativo sull’economia”.
Nelle prime ore di lunedì 22 gennaio, man mano che il dibattito politico si concentrava sempre di più sui temi del bilancio federale, l’indice Dow Jones della borsa di Wall Street si manteneva attorno alla parità, ancora in parte rassicurato dalla pioggia di profitti di cui beneficeranno nei prossimi anni le aziende quotate (tranne le banche) grazie alla riforma fiscale del presidente Trump.
“L’avvenuto shutdown delle attività governative Usa non sembra aver minato il sentiment positivo presente sui mercati guidati dai buoni risultati aziendali”, hanno scritto in un report gli analisti di Cassa Lombarda che hanno aggiunto: "la stagione delle trimestrali americane è entrata nel vivo e i big bancari non hanno deluso le aspettative, nonostante i maggiori oneri derivanti per loro dalla riforma fiscale statunitense”.
Dollaro col fiato corto
Oltre che sulle azioni statunitensi, però, le attenzioni della comunità finanziaria si sono concentrate sulle prospettive del dollaro. Le quotazioni della divisa americana si sono mosse dalla metà di gennaio attorno ai minimi degli ultimi tre anni nei confronti dell’euro (con un rapporto di cambio tra la moneta unica e il biglietto verde che ha raggiunto il livello di 1,224).
Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners Sgr vede all’orizzonte per il dollaro un trend ribassista che, pur essendo di breve periodo, non sembra destinato a interrompersi con qualche seduta di rimbalzo delle quotazioni. A differenza di quanto avviene in Europa, in America i tassi di interesse hanno imboccato già la strada del rialzo, attirando potenzialmente nuovi capitali verso le attività finanziarie in dollari.
Tuttavia, finché ci saranno le incertezze sulle finanze pubbliche legate allo shutdown, è difficile vedere la divisa americana spiccare il volo.