Dove si lavora meglio: il caso Università di Padova
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Dove si lavora meglio: il caso Università di Padova

Tra gli enti più ambiti c'è l'ateneo veneto, uno dei maggiori centri della ricerca e della cultura del Paese dove sono impiegate circa 9 mila persone

Con i suoi otto secoli di storia è uno dei più antichi e più conosciuti atenei del mondo. Oggi l'Università degli Studi di Padova promuove oltre 170 corsi di laurea in tutte le discipline, oltre 60 corsi di dottorato di ricerca e circa 80 master post lauream. Offre, inoltre, i percorsi della Scuola Galileiana di Studi Superiori e circa 50 scuole di specializzazione, prevalentemente per la professione medica. A quello che è uno dei maggiori centri della ricerca e della cultura in Italia lavorano circa 9 mila persone in diversi ruoli e mansioni. Un piccolo esercito che fa dell'ateneo padovano una realtà ai vertici delle classifiche italiane per qualità della ricerca e del reclutamento. L’Università di Padova, il cui Rettore è il professor Rosario Rizzuto, si colloca però anche in tutti i più importanti ranking internazionali e veicola così all’estero, con ottimi risultati, l’esperienza del sapere “made in Italy”.

La promozione arriva anche dai suoi dipendenti che l’hanno eletta tra i migliori posti di lavoro nel 2019. «Ad essere apprezzata è sicuramente la propensione dell'ateneo a favorire la libertà di pensiero e di espressione secondo il motto dell'ateneo "universa universis patavina libertas"» dice il Direttore Generale, l'ingegner Alberto Scuttari. A piacere è poi la sicurezza e le garanzie collegate al lavoro, che derivano anche dalla funzione pubblica dell'ateneo, insieme alla possibilità di diversificazione del percorso di carriera che un grande ateneo moderno può oggi offrire. 

Ci sono però anche aspetti legati alle strategie interne. «Le politiche di incentivazione dei risultati, che - nonostante il blocco degli stipendi degli ultimi dieci anni circa - ha trovato le forme e gli strumenti per crescere, sono un punto a nostro favore» dice Scuttari. Per fare un esempio, i proventi derivanti da finanziamenti competitivi della ricerca e da contratti attivi di consulenza con terzi, permettono la retribuzione aggiuntiva del personale che partecipa ai progetti e inoltre una quota dei medesimi è destinata a un fondo comune per l'incentivazione del rimanente personale. Questo fondo comune vale quasi 2 milioni l'anno. A questi mezzi extra si aggiungono le risorse del contratto integrativo di ateneo, pari a 5,6 milioni che finanziano progressioni economiche, lavoro straordinario, posizioni di responsabilità, incentivi per la performance, lavori disagiati. Inoltre, l’ateneo remunera i propri dipendenti con incentivi che tengono conto anche della valutazione dei servizi effettuata dagli utenti interni e dagli studenti.

Anche le politiche di conciliazione vita-lavoro premiano Padova. «Oltre agli strumenti tradizionali previsti dal CCNL, queste politiche mettono a disposizione strumenti flessibili e reversibili su iniziativa dei collaboratori, quali il lavoro part-time e il tele-lavoro – dice Scuttari -. Ogni anno circa 150 dipendenti usufruiscono del tele-lavoro sulla base di progetti predisposti ad hoc. Quasi il 15 per cento dei dipendenti ha scelto di svolgere il proprio lavoro in part-time».

C’è poi l'articolato sistema di welfare aziendale che offre ai dipendenti l’accesso ad asili nido, assistenza psicologica, azioni di wellness, contributi per lo studio dei figli, sussidi al reddito e, per il prossimo futuro, polizze sanitarie e contributi ai trasporti, per una spesa annua di circa 1,7 milioni. A questi si aggiungono la possibilità di accesso gratuito agli impianti sportivi del CUS, ai musei dell'ateneo, nonché le agevolazioni della "Studiare a Padova card" , che riguardano biglietti ridotti per musei, cinema e teatri, sconti in negozi ed esercizi commerciali ed altre agevolazioni. Esistono inoltre programmi annuali di formazione generale e specifica in relazione ai profili ricoperti. Un vasto insieme di ragioni insomma che fanno di Padova l’Università tra le più promosse da chi ci lavora.

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Sandra Riccio