Società cashless: è davvero possibile vivere senza contanti?
(Ansa)
Economia

Società cashless: è davvero possibile vivere senza contanti?

La Svezia è all'avanguardia, le banconote sono dimezzate in poco più di dieci anni. Tutti vantaggi, ma anche i rischi e le disparità di un mondo con pagamenti solo elettronici. Anziani e giovanissimi rischiano l'emarginazione.

È davvero possibile vivere tutti in una società cashless? Da anni il mondo ci sta provando: il contante in circolazione si sta riducendo ad un tasso globale di circa il 7,5% e i Paesi anglosassoni sono all’avanguardia. L’esempio più innovativo è la Svezia: attualmente il contante qui è la metà rispetto al 2007 e dei 1600 sportelli bancari svedesi solo 700 distribuiscono banconote. Molto diversi i numeri dell’Italia, dove l'83% delle transazioni avviene con carta moneta (Banca d'Italia). Una società che si basa esclusivamente su carte di credito e pagamenti elettronici ha dei vantaggi riconosciuti. Ma l’esperienza della Svezia e gli studi fatti portano in primo piano anche i rischi: l’inclusività innanzitutto.

In Svezia è difficile trovare la possibilità di pagare in contanti: dai negozi ai parcheggi, dai mezzi di trasporto alle bollette. La transizione verso una società cashless è stata accelerata nel 2012 con l'introduzione dell'app di pagamento mobile Swish. E dopo dodici anni oggi solo l'8% degli svedesi utilizza contante (erano il 40% nel 2010) e il 90% dei giovani usa app o smartphone anche per piccole spese. Inoltre, la Banca centrale svedese sta considerando l'introduzione di una valuta elettronica nazionale, la e-corona.

I vantaggi di una società senza contanti in circolazione? La semplificazione, innanzitutto, per consumatori e commercianti. Transizioni più rapide, nessun errore di resto e possibilità di gestire tutto con lo smartphone. C’è poi la sicurezza. Meno furti e rapine. C’è poi la trasparenza fiscale, con la riduzione di evasione fiscale e riciclaggio di denaro. Secondo una ricerca curata da Ambrosetti se l’Italia aumentasse la quota di pagamenti elettronici avvicinandosi alla media europea, il recupero fiscale ammonterebbe a oltre 40 miliardi di euro l’anno. C’è poi il vantaggio economico dato da una riduzione dei costi del contante. Stampare, distribuire e gestire banconote e monete costa circa 133 euro per abitante all’anno, una spesa che potrebbe essere drasticamente ridotta con la digitalizzazione.

Ma ci sono anche diversi problemi da affrontare in una società dove non si può comprare nulla con i contanti. C’è una fascia di popolazione, in Svezia è già visibile, che non dispone delle risorse tecnologiche e di carte di credito necessarie e quindi è a rischio emarginazione sociale. Si tratta soprattutto di anziani, giovani con redditi bassi, persone in difficoltà socioeconomica (rifugiati, senzatetto, disoccupati) e cittadini che vivono in zona “isolate” del Paese. Per chi dipende dai contanti (per povertà o motivi socioculturali) accedere a beni e servizi (anche la semplice bolletta o la spesa quotidiana) diventa un percorso a ostacoli. E la società cashless mostra così tutti i limiti.

Un’altra criticità è la cybersicurezza. Con la dipendenza totale dai sistemi digitali aumentano i rischi di attacchi informatici. In Svezia un recente attacco che ha interrotto i pagamenti elettronici ha reso concreto il problema: un sistema completamente digitalizzato è più vulnerabile. Infine, l’assenza di contante può essere problematica in situazioni di emergenza. Con blackout o malfunzionamenti tecnologici non avere un’alternativa per le transazioni può impedire anche l’acquisto di beni essenziali. E infatti la Banca centrale svedese sta lavorando per mantenere il contante accessibile, obbligando cioè alcuni negozi a continuare ad accettarlo per i beni considerati essenziali.

Se da un lato dunque vivere senza contanti sembra funzionare e dare i suoi frutti, dall’altro i problemi di inclusività sono evidenti. La domanda resta: siamo pronti davvero a una società cashless o un giusto mix è la soluzione?

I più letti

avatar-icon

Cristina Colli