Sofferenze bancarie, il vero macigno delle imprese italiane
Mai così tanti i crediti dubbi nel sistema bancario italiano, oltre 180 miliardi di euro. Ma uno studio di Abi e CERVED vede positivo nel 2016
Il peggio, per le imprese italiane, potrebbe essere un ricordo. Tuttavia, il livello di stress raggiunto negli anni passati è tale che prima di tirare un sospiro di sollievo dovranno attendere diversi anni. Questo, in estrema sintesi, è il risultato del primo studio sulle sofferenze nel sistema bancario italiano condotto dall’Associazione bancaria italiana (Abi) in collaborazione con CERVED, che ogni sei mesi farà il punto sul segmento. A spegnere gli entusiasmi ci pensa però la banca americana Goldman Sachs, che dipinge un quadro diverso, con tinte assai più fosche.
Quante sono le sofferenze bancarie?
A oggi, la mole di sofferenze che pesano sul sistema bancario italiano è significativa. Lo stock, secondo i dati della Banca d’Italia che fanno riferimento al dicembre scorso, è pari a 183,7 miliardi di euro, con un’incidenza sul totale dei crediti erogati a livello Paese che è doppia rispetto alla media aggregata dell’eurozona. Di questi, la parte maggiore fa riferimento alle società non finanziarie, con un monte di sofferenze lorde pari a 130,8 miliardi di euro, ovvero il 16,2% dei crediti concessi, 808,4 miliardi. Nel complesso, spiega Banca d’Italia, il livello generale di sofferenze bancarie è quadruplicato rispetto al valore del dicembre 2008, quando si era a quota 43 miliardi di euro.
L’immediato futuro non è roseo. Come fa notare lo studio, “il flusso di nuove sofferenze delle imprese indica che questo stock non è destinato a ridursi nei prossimi mesi: benché in calo, a settembre del 2014 l'incidenza sui crediti in bonis è infatti rimasta su livelli storicamente elevati, quadrupli rispetto a quelli osservati prima dell'inizio della crisi”. Nello specifico, sottolineano Abi e CERVED, “se calcolato con riferimento al numero di prestiti (e non al loro importo), il tasso di ingresso in sofferenza mostra invece una tendenza in aumento, con un massimo del 3,7% raggiunto nel terzo trimestre dello scorso anno”. Cifre che però dovrebbero cambiare verso nell’arco di pochi mesi.
Lo stock di sofferenze lorde è pari a 183,7 miliardi di euro
Chi è stato più colpito?
A patire di più dal 2007 a oggi sono state le piccole imprese. Come spiega lo studio “le microimprese (meno di 10 addetti e un giro d'affari inferiore a 2 milioni di euro) evidenziano tassi di ingresso in sofferenza doppi rispetto a quelli delle grandi società (oltre 250 addetti e più di 50 milioni di euro di fatturato)”. Più le imprese, specie quelle di piccole dimensioni, soffrono, più la ripresa del sistema economico italiano sarà lenta. Un supporto arriverà anche dalle misure introdotte dalla Banca centrale europea (Bce) negli ultimi nove mesi, dalle Targeted longer-term refinancing operation (operazioni di rifinanziamento a lungo termine con target specifici, o Tltro) al Quantitative easing (Qe), passando per gli acquisti di titoli corporate come Asset-backed security (Abs), Residential mortgage-backed security (Rmbs) e covered bond. Tutti strumenti che stanno contribuendo a garantire alle imprese la possibilità di disintermediarsi dal sistema bancario nelle operazioni di finanziamento. Più le società attivano nuovi canali per ottenere liquidità, più veloce sarà la ripartenza del sistema economico. E i primi frutti delle azioni della Bce si stanno vedendo, dato che la domanda di credito, nei primi mesi dell’anno, è stata ai massimi livelli dal 2007, secondo i dati dell’istituzione guidata da Mario Draghi.
Le stime sul futuro
Le prospettive future sono in leggero miglioramento. Segno che il peggio dovrebbe essere passato. Abi e CERVED segnalano che “il tasso di ingresso in sofferenza delle società non finanziarie è previsto in calo, per il 2016, dall'attuale picco del 3,7% al 3 per cento”. Potrebbe quindi fermarsi la corsa dei crediti dubbi che pesano come macigni sulle banche italiane. E il trend dovrebbe essere positivo in tutto il territorio nazionale, con una leggera prevalenza per il Mezzogiorno. “Nel 2016 il tasso di ingresso in sofferenza è infatti previsto nel Sud e nelle Isole al 4,4%, nel Centro al 3,4%, nel Nord Ovest al 2,4% e nel Nord Est al 2,2 per cento”, sottolineano Abi e CERVED. Numeri che rappresentano un passo in avanti, seppur piccolo.
Le microimprese evidenziano tassi di ingresso in sofferenza doppi rispetto a quelli delle grandi società
La visione di Goldman Sachs
Chi è meno ottimista è la banca statunitense Goldman Sachs, che lo scorso 30 marzo ha presentato il suo outlook sul tema. La formazione dei Non-performing loan (Npl, ovvero le sofferenze) nel sistema bancario italiano ha iniziato a rallentare, ma è presto per dire che il peggio è passato. Infatti, secondo Goldman Sachs, i rischi che pesano sugli istituti di credito sono ancora molti. Quello più significativo è il tasso di copertura. Aumentato nel quarto trimestre del 2014 di sette punti rispetto al dicembre 2013, dal 49% al 56%, è ancora troppo basso. Anche perché le sofferenze nette, ricorda Goldman Sachs, rappresentano il 50% del tangible equity (patrimonio netto tangibile) del sistema bancario italiano. Le situazioni più gravi sono quelle del Banco Popolare, in cui le sofferenze nette sono il 105% del tangible equity, e di Banca Monte dei Paschi di Siena, in cui sono il 92 per cento. Il tutto anche dopo l’Asset quality review della Bce. Saranno anche in rallentamento, ma le sofferenze fanno ancora paura alle banche italiane.