Spread, perché danneggia le banche e i risparmiatori
Gli istituti di credito hanno le casse piene di titoli di stato. Per questo, con un crollo dei Btp, sarebbero costretti a non dare più soldi in prestito
Lo spread Btp/Bund di nuovo sopra i 300 punti (3%) e la borsa in flessione di oltre il 2,5%. E’ accaduto a Piazza Affari nella seduta dell’8 ottobre, che è stata un’altra giornata nera per il mercato finanziario italiano a causa dei contrasti tra il governo di Roma e le autorità europee sul deficit di bilancio. Come sa bene chi ha seguito le cronache delle ultime settimane, l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte vuole varare una manovra economica per il 2019 con il deficit al 2,4% del Pil mentre il nostro Paese, negli anni scorsi, si era impegnato a portarlo allo 0,8%.
Meno solide nel patrimonio
La manovra è stata dunque bocciata da Bruxelles e gli investitori, temendo per la sostenibilità del nostro debito pubblico, hanno iniziato a vendere a man bassa i nostri titoli di stato, facendone colare a picco i prezzi e aumentare i rendimenti, con una conseguente impennata dello spread Btp/Bund, il differenziale d’interesse tra i Buoni del Tesoro italiani e quelli tedeschi.
In apparenza si tratta di manovre speculative che poco interessano i risparmiatori. A ben guardare, però, per le famiglie l’impennata dello spread rischia di trasformarsi in una sciagura. Le banche italiane, infatti, hanno da sempre le casse piene di titoli di stato. Dunque, se le attività che hanno nel portafoglio si svalutano, scende anche la loro solidità patrimoniale misurata da un particolare indicatore, espresso in termini percentuali, che si chiama Cet 1.
Meno soldi in prestito
Di conseguenza, se gli attivi patrimoniali degli istituti di credito si svalutano e il loro Cet 1 peggiora, gli stessi istituti di credito sono costretti a dotarsi di nuovo capitale per rafforzarsi. E sono obbligati a diventare ben più restii a dare soldi in prestito alle famiglie. Le banche, insomma, devono essere molto più prudenti di prima perché appunto non hanno più la solidità patrimoniale che avevano in precedenza e non possono correre il rischio di erogare troppi finanziamenti, in rapporto alla quantità di capitale di cui dispongono.
Questo è ciò che impongono le regole europee sul sistema creditizio, approvate negli anni scorsi affinché no avvenga di nuovo il crack di un grande gruppo finanziario, come quelli del biennio 2008-2009. Nei mesi scorsi, diversi analisti hanno stimato che un aumento dello spread di 100 punti base (1%) faccia scendere di oltre 3 miliardi di euro il valore dei titoli di stato presenti nei bilanci delle banche italiane e faccia calare di quasi lo 0,4% il valore medio dell’indice Cet 1 degli istituti di credito. Ecco perché lo spread è qualcosa che deve preoccupare i risparmiatori e le famiglie, molto più di quanto non si creda.